VIDEO

Questo video "Da Eschilo a Menandro" è stato realizzato tra il 1992 ed il 1996 dal Museo Regionale Archeologico Eoliano di Lipari, a cura del Prof. Luigi Bernabò Brea e di Madeleine Cavalier, con la collaborazione del Direttore del Museo, Umberto Spigo, e la regia di Giovanna Bongiorno. La grande valenza didattica del filmato testimoniata dai numerosissimi premi ricevuti presso le più prestigiose rassegne internazionali di cinematografia archeologica, si configura anche come uno dei ricordi più straordinari e vivaci del grande studioso cui oggi è intitolato il Museo di Lipari. Nel video Luigi Bernabò Brea racconta personalmente la straordinaria vicenda della coroplastica liparese, nel nostro ricordo, come Uomo di grandi contenuti e di rara linearità intellettuale. Un Maestro del quale, l'immagine di questo video, consegna alla storia anche l'ironia e spontaneità del sorriso.

Titolo: Da Eschilo a Menandro

Produzione: Regione Siciliana, Assessorato Regionale Beni Culturali ed Ambientali, Museo Archeologico Eoliano

Realizzazione: Kronos s.r.l. - Immagini per la Cultura e l'Ambiente Autrice e Regista: Prof. Giovanna Bongiorno

Durata: 26 min. 32 sec.

BIOGRAFIA

Dall'inizio della sua attività fino al 1973

Luigi Bernabò Brea, nato il 27 settembre 1911 a Genova, ha compiuto gli studi in quella città, dove si è laureato in Giurisprudenza nel 1932; in seguito, per seguire la propria vocazione, si è iscritto all'Università di Roma e si è laureato in Archeologia nel 1935, con il prof. G.Q. Giglioli. È stato allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene, allora diretta da Alessandro Della Seta, nei bienni 1935/36 e 1936/37, partecipando agli scavi nell'isola di Lemnos, a Poliochni (nel 1936) e al Kabirion di Chloi (nel 1937), da lui stesso scoperto.

Entrato a far parte dell'Amministrazione delle Antichità e Belle Arti dello Stato, nell'ottobre 1938 è stato assegnato come ispettore al Museo Nazionale di Taranto, diretto da Ciro Drago, e in tale ruolo ha tra l'altro partecipato agli scavi di Gnathia.

Nel giugno del 1939 è stato chiamato a costituire e dirigere la Soprintendenza alle Antichità della Liguria, allora creata. Ha ricevuto inoltre dal Comune di Genova l'incarico della direzione del Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova-Pegli, incarico che ha conservato fino al 1951, provvedendo dapprima al suo sgombero di fronte ai pericoli bellici, poi alla sua riorganizzazione.

Luigi Bernabò Brea con la moglie Chiara Chighizola (a destra) e Ginetta Chiappella (a sinistra) davanti alla caverna delle Arene Candide, 1942 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002, particolare).

L'attività scientifica portata avanti in Liguria da Luigi Bernabò Brea, a parte scavi minori eseguiti nella necropoli dell'età del Ferro di Rossiglione e nel Castelliere di Pignone, è costituita specialmente dagli scavi nella caverna delle Arene Candide di Finale Ligure, che hanno rivelato una serie stratigrafica di fondamentale importanza soprattutto per la conoscenza del Neolitico e del Paleolitico superiore. Di questi scavi, continuati fino al 1951 e condotti in collaborazione con Luigi Cardini dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, egli ha dato relazione, per gli strati a ceramiche di sua diretta competenza, in due volumi apparsi nel 1946 e nel 1956.

Alla fine del 1941 Luigi Bernabò Brea è stato trasferito a Siracusa, alla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, che ha diretto per 32 anni fino al suo collocamento a riposo, avvenuto nel 1973, dedicandole la massima parte della sua vita di studioso e di amministratore.

Giunto nella nuova sede in piena guerra, il suo primo compito è stato quello di completare lo sgombero del Museo di Siracusa, già largamente attuato dal suo predecessore G. Cultrera. Il suo primo impegno scientifico è stato lo studio dei monumenti dell'antica Akrai, pubblicato poi nel 1956.

Terminata la guerra, si è dedicato immediatamente a risistemare e restaurare i monumenti e a riorganizzare il Museo di Siracusa, nella vecchia sede di Piazza Duomo, riaprendolo parzialmente fin dal 1947 e totalmente nel 1949. In questo momento ha potuto inoltre iniziare una prima attività di ricerca sul terreno, rivolta soprattutto all'esplorazione delle regioni più lontane dalla sede della Soprintendenza e archeologicamente meno conosciute, come la provincia di Enna (necropoli preistoriche di Calascibetta) e la zona tirrenica della provincia di Messina (Milazzo, Longane, San Basilio di Novara, Tindari, Alaesa). Fra il 1947 e il 1950 si datano le prime ricognizioni effettuate nelle isole Eolie e gli scavi al Piano Quartara e al villaggio del Milazzese a Panarea.

Luigi Bernabò Brea e Ginetta Chiappella sullo scavo del sito della Montagnola del Capo Graziano a Filicudi, 1952 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002).

La revisione dei materiali preistorici a suo tempo principalmente scavati e studiati da P. Orsi e da I. e C. Cafici, condotta in vista del riallestimento del Museo, lo ha portato tra l'altro all'identificazione di alcuni giacimenti del Paleolitico superiore e del Mesolitico, non precedentemente riconosciuti, in alcuni dei quali, come Grotta Corruggi, gli è stato possibile eseguire saggi di scavo. Soprattutto, però, gli ha permesso di porre le basi per una riconsiderazione totale della successione delle culture preistoriche e protostoriche in Sicilia, elaborata anche in base alle nuove ricerche sul terreno, in special modo nelle Isole Eolie. La formulazione più completa di tale successione è stata poi pubblicata nel 1957 nel volume Sicily before the Greeks, e l’anno dopo in italiano (La Sicilia prima dei Greci).

Nonostante l'impegnativa attività siciliana, tra il '48 e il '50 Luigi Bernabò Brea ha nuovamente ripreso, dopo l'interruzione della guerra, anche gli scavi nella caverna delle Arene Candide. Un viaggio di studio in Francia meridionale e in Spagna effettuato nel 1948, dopo la lunga chiusura delle frontiere causata dalla guerra, è stata l'occasione per ampliare il quadro dello sviluppo culturale del Mediterraneo occidentale che andava delineando.

Nel 1951 Luigi Bernabò Brea è stato incaricato dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene, diretta da Doro Levi, di riprendere gli scavi dell'insediamento dell'età del Bronzo di Poliochni nell'isola di Lemnos, per giungere alla pubblicazione delle ricerche eseguite dalla Scuola dal 1930 al 1936. I nuovi scavi, eseguiti nel 1951 e nel 1956, gli hanno permesso di riconoscere la successione delle fasi culturali fin dall'origine dell'insediamento; particolarmente fortunata è stata, nel 1956, la scoperta di un tesoro di oreficerie, affine e contemporaneo al grande tesoro di Troia.

Poliochni. Spillone e orecchini d’oro dal Tesoro. Athens, National Archaeological Museum. Hellenic Ministry of Culture/ARF. Scuola Archeologica Italiana di Atene (ed.), Lemnos. Ipolitis Poliochnis, Hellenic Ministry of Culture-ARF, Athens 1987, cover picture and p. 6. © Hellenic Ministry of Culture.

La missione di Lemnos si è conclusa nel 1961 con l'inaugurazione del Museo di Myrina, che ha raccolto i rinvenimenti di Poliochni e quelli degli scavi di Efestia, del Kabirion di Chloi, di Myrina e delle isole di Imbro e Tenedos, e con le due importanti relazioni degli scavi, pubblicate nel 1969 e nel 1976.

È impossibile riassumere l'intensissima attività che Luigi Bernabò Brea ha svolto dal dopoguerra al 1973, come dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, nelle cinque province della sua giurisdizione nel campo della tutela, della conservazione e del restauro dei monumenti archeologici, della ricerca sul terreno, dello scavo, della creazione di zone archeologiche, di antiquaria ad esse relativi, di musei locali.

Luigi Bernabò Brea in sopralluogo a Rodì , 1968 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002).

Non bisogna dimenticare, infatti, che quegli anni hanno visto una formidabile espansione edilizia e industriale della Sicilia, che Bernabò Brea ha dovuto fronteggiare, in difesa del patrimonio archeologico, con una lotta spesso senza quartieri. Nello stesso tempo, la difficile gestione delle ingenti somme che soprattutto la Cassa per il Mezzogiorno investiva in quell'epoca anche nel campo culturale ha messo alla prova le sue doti organizzative. Sono stati infatti realizzati numerosissimi restauri, parchi archeologici e ricostruzioni monumentali che testimoniano una concezione non convenzionale, pur nell'assoluto rispetto del monumento, e una notevole attenzione per le legittime esigenze del pubblico. Basta ricordare a questo proposito il Parco della Neapolis di Siracusa comprendente i principali monumenti classici della città, dal Teatro alle Latomie, il restauro del Teatro di Taormina, lo scavo e il restauro della città romana di Tindari, la villa di Piazza Armerina, la risistemazione delle antichità di Akrai.*

Nell'impossibilità di seguire personalmente la ricerca scientifica sul troppo vasto territorio della Soprintendenza, pur mantenendo quale Soprintendente la responsabilità e la sorveglianza dell'attività che si veniva svolgendo, egli ha affidato importanti lavori ai suoi collaboratori, tra cui Gino Vinicio Gentile, Paola Pelagatti, Giuseppe Voza e Madeleine Cavalier, ed ha incoraggiato inoltre la collaborazione con Istituti Italiani, quali l’Istituto di Studi Liguri diretto da Nino Lamboglia, e stranieri, quali L'Ecole Française di Roma che ha allora avviato gli scavi a Megara Hyblaea, l'Università di Princeton a Morgantina e numerosi altri.

Tra le innumerevoli indagini che sono state allora effettuate, si possono ricordare in questa sede quelle principali nel campo preistorico:

  • In provincia di Messina gli scavi del Riparo della Sperlinga, degli abitati di Tripi, Tindari, Longane, Monte Scurzi, Naxos, della necropoli di Rodi, dei villaggi del Milazzese a Panarea, di Capo Graziano, Filo Braccio, Casa Lopez a Filicudi, di Serro dei Cianfi e Portella a Salina, di Castellaro Vecchio, Piano Conte, Diana e del Castello a Lipari, delle necropoli di Piazza Monfalcone a Lipari e di Milazzo;
  • in provincia di Enna gli scavi delle necropoli di Malpasso, Realmese, Calcarella, Valle Coniglio a Calascibetta;
  • in provincia di Catania gli scavi delle grotte di Novalucello, Pellegriti, Pietralunga, Maccarone, della
  • sepoltura "Sapienza", degli abitati delle contrade Zorio, Marotta, Naviccia, del villaggio di Predio Garofalo, delle capanne di Poggio dell'Aquila ad Adrano, degli abitati di Palikè, della necropoli di Grammichele, i saggi sull'acropoli di Paterno e i rinvenimenti di Biancavilla;
  • in provincia di Siracusa gli scavi delle capanne della Metapiccola e delle tombe della valle di S. Eligio a Lentini, dei villaggi di Stentinello e dell'Ognina, delle grotte del Conzo, della Chiusazza, Genovese, Palombara, Masella di Buscemi, Calafarina a Pachino, della necropoli di Thapsos, della necropoli di Pantalica e i restauri dell'Anaktoron.
Luigi Bernabò Brea a Thapsos con un vaso miceneo uscito dagli scavi degli anni ’70 (Foto Voza. da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002, particolare).

Da parte sua, Luigi Bernabò Brea ha concentrato i propri interessi di studioso soprattutto sulle Isole Eolie e sulle zone vicine della provincia di Messina (Milazzo, Tindari) dove si è avvalso della collaborazione di Madeleine Cavalier, che ha assicurato continuità e sistematicità alle ricerche dal 1951, quando si è stabilita a Lipari, fino ai primi anni ‘2000.

L'attività di Luigi Bernabò Brea dal 1973 al 1999

A partire dal momento del suo collocamento a riposo, avvenuto nel gennaio del 1973, Luigi Bernabò Brea si è dedicato quasi completamente alle Isole Eolie e al Museo di Lipari.

Luigi Bernabò Brea, lezione alla Scuola di Specializzazione dell’Università di Catania, nel teatro da lui costruito sul Castello di Lipari su modello greco. 1983 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002).

Per una serie di circostanze favorevoli, gli scavi delle Isole Eolie sono stati particolarmente fortunati. A Lipari, per quanto riguarda la preistoria, sul Castello e nella piana sottostante è venuta in luce una regolarissima successione stratigrafica che ha permesso la ricostruzione dell'evoluzione culturale dagli inizi del Neolitico medio fino all'età storica, e che costituisce tuttora il paradigma per l'evoluzione culturale anche della Sicilia e dell'Italia meridionale.

Le stazioni minori della stessa isola e gli insediamenti di Filicudi, Panarea e Salina hanno offerto importantissime conferme e complementi al quadro che gli scavi del Castello di Lipari permettevano di ricostruire.

Luigi Bernabò Brea durante gli scavi nella necropoli di contrada Diana, 1984 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002).

Per lo stesso fenomeno geologico a cui è dovuta l'eccezionale stratigrafia del giacimento del Castello, è giunta pressoché intatta anche la vasta necropoli della Lipára Cnidia nella contrada Diana, sviluppatasi senza interruzione fino all'età tardo romano. Sepolta sotto metri di sedimenti eruttivi, si può dire l'unica delle grandi necropoli contemporanee della Sicilia, della Magna Grecia e dell'Etruria ad essere sfuggita ad un plurisecolare saccheggio. Lo scavo sistematico (a tutt'oggi più di 2600 tombe di età greca e romana) ha costituito una fonte inesauribile di informazioni nei campi più diversi e ha fornito una massa di reperti talvolta di elevata qualità storico - artistica, oltreché di interesse archeologico, soprattutto nel campo della ceramica a figure rosse, dapprima di fabbrica attica, poi, nel IV secolo, di produzione siceliota o campana.

Luigi Bernabò Brea descrive un gruppo di statuette trovato in una tomba della necropoli in contrada Diana. 1993 (da Cavalier, Bernabò Brea M. 2002)

Ha rivelato altresì due singolarissimi tipi di artigianato locale: quello della ceramica policroma, fiorita nella prima metà del III secolo a.C. ad opera del Pittore di Lipari e di altri maestri della sua cerchia, e quello delle terrecotte di argomento teatrale, costituite da modellini di maschere della tragedia, del dramma satiresco e della commedia, e statuette di attori comici o satiresche. La produzione inizia nei primi anni del IV e si sviluppa per un secolo e mezzo. Gli oltre 1300 pezzi rinvenuti offrono una documentazione eccezionalmente ricca e completa sul costume scenico del teatro greco, sull'arte della maschera e sulla loro evoluzione.

Luigi Bernabò Brea appone una targa alla sezione vulcanologica del Museo di Lipari. 1995.

Frutto di queste ricerche è stata la creazione del Museo Eoliano, la cui data ufficiale di fondazione è il 1954, e continuò poi ad espandersi fino ad occupare diversi edifici sul Castello di Lipari, che ospitano la sezione preistorica, la sezione greca e romana, il padiglione delle Isole minori e la sezione di archeologia sottomarina. E’ oggi in ristrutturazione la sezione vulcanologica.

I resoconti degli scavi eoliani sono presentati nella serie Meligunìs Lipára, iniziata nel 1960 e formata da 12 volumi, gli ultimi dei quali, che erano ad uno stadio di preparazione più o meno avanzato al momento della scomparsa di Luigi Bernabò Brea, sono usciti a cura di Madeleine Cavalier tra il 2000 e il 2003. Numerosi studi monografici ed articoli riguardano inoltre le diverse classi di rinvenimenti eoliani, sia preistorici, sia di età classica e medievale.

Lo studio delle testimonianze preistoriche e storiche di Lipari non ha esaurito, tuttavia, l'intera attività di Luigi Bernabò Brea; con la collaborazione di Madeleine Cavalier, egli ha anche voluto raccogliere l'eredità scientifica del suo maestro e amico Luigi Cardini, curando la pubblicazione (1989 e 2000) degli scavi da questo compiuti per l'Istituto Italiano di Paleontologia Umana nelle grotte di Praia a Mare (CS).

Merita infine di ricordare, poiché i suoi vasti orizzonti culturali non si limitavano all'archeologia mediterranea, il lavoro compiuto nel campo dell'arte giapponese, alla quale si era interessato fin dalla sua prima gioventù. La profondità di tale interesse è testimoniata da un catalogo delle stampe dell'Ukiyo-e conservate al Museo d'Arte Orientale E. Chiossone di Genova, pubblicato nel 1979 in collaborazione con la studiosa giapponese Eiko Kondo.

Luigi Bernabò Brea è scomparso a Lipari il 4 febbraio 1999, mentre stava lavorando all'XI volume di Meligunìs Lipára.

*Si vedano gli articoli pubblicati dall'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere, Arti di Mazara del Vallo (Trapani, 1985) in occasione del conferimento del premio "Selinon", nel 1984: L. Bernabò Brea, La Sicilia nella mia vita, pp. 33-45; S.L. Agnello, Luigi Bernabò Brea: abbozzo per un ritratto, pp. 47-57; G. Voza, Luigi Bernabò Brea: Soprintendente alle Antichità della Sicilia Orientale, pp. 59-70.

MUSEO

Il Museo eoliano “Luigi Bernabò Brea”

Il Castello di Lipari visto dall’alto.

Il Museo Archeologico Eoliano, che dal 2000 è intitolato a Luigi Bernabò Brea, è nato nella sua sede attuale a partire dai primi scavi sul Castello di Lipari, che iniziarono nel 1950, dopo la soppressione del campo di concentramento che lo occupava.




Planimetria del Castello di Lipari.

La data ufficiale di apertura del museo è il 1954, quando fu allestito l’antico Palazzo Vescovile, ora sede della sezione preistorica. Negli anni seguenti si estese, con sale espositive, depositi e laboratori, agli altri edifici presenti sul Castello, a mano a mano che procedevano da una parte le ristrutturazioni murarie, dall’altra gli scavi archeologici sul Castello, nella contrada Diana e nelle isole minori, dai quali affluiva una enorme quantità di reperti di diverse epoche.

Il museo è quindi distribuito in diversi edifici che ospitano le varie sezioni:

Vasi neolitici della cultura di Diana e nuclei di ossidiana – fine V mill. a.C.
  • Sezione preistorica (dal Neolitico all’età del Bronzo finale) e della fondazione greca di Lipari (580-576 a.C.).
  • Sezione della preistoria delle Isole Minori, aggiornata a cura di Maria Clara Martinelli con i risultati degli scavi effettuati recentemente nei villaggi dell’età del Bronzo di Salina, Filicudi, Stromboli.
  • Sezione dell’archeologia di Milazzo, con le necropoli dell’età del Bronzo e di età greca.
Cratere siceliota della metà del IV sec. a.C. con Adrasto che separa Tideo e Polinice.
  • Sezione della necropoli greca e romana in contrada Diana, con splendidi vasi dipinti e con la straordinaria collezione delle maschere teatrali.
  • Sezione di Archeologia sottomarina, in cui sono esposti reperti da una ventina di relitti rinvenuti attorno alle isole Eolie (dall’età del Bronzo al XVII secolo).
  • Museo della memoria, in cui si ripercorre la storia della fondazione del museo e delle prime ricerche archeologiche nelle Isole Eolie.
Anfore dal relitto A di Capo Graziano a Filicudi. II sec. a.C.

Come in numerosi settori di studio, anche nel campo della museografia Luigi Bernabò Brea fu un precursore, nell’attenzione che pose, fin dagli anni 50-’60, a rendere le esposizioni comprensibili e interessanti per tutti, nella consapevolezza del diritto del pubblico a conoscere e capire i documenti della propria storia remota.

Nel Museo di Lipari, dove la concezione museografica di Luigi Bernabò Brea è compiutamente realizzata, l’esposizione è stata realizzata con voluta semplicità allo scopo di mettere in risalto i materiali esposti, completata da didascalie e brevi pannelli che forniscono le informazioni essenziali. All’esposizione dei materiali si accompagnano alcune ricostruzioni delle aree di scavo: la necropoli di Piazza Monfalcone a Lipari e quella di Milazzo; un breve tratto di fondale marino nella sala dei rinvenimenti sottomarini.

Completano la visita del museo le testimonianze visibili all’esterno, ovvero la successione stratigrafica delle capanne messe in luce sul Castello di Lipari e varie aree archeologiche in diverse zone dell’isola di Lipari: le mura greche e spagnole, le terme romane, il parco archeologico in Contrada Diana, gli ipogei tardo romani, la tholos micenea di S. Calogero.

Si aggiungono infine, al di fuori dell’isola di Lipari, gli spettacolari villaggi nelle Isole di Salina, Filicudi e Panarea, le cui strutture, conservate in vista, consentono un’immediata comprensione di un abitato dell’età del Bronzo.

Il Museo Luigi Bernabò Brea è oggi un Istituto della Regione Siciliana, Assessorato Beni Culturali, e fa parte del Parco Archeologico delle Isole Eolie (https://parchiarcheologici.regione.sicilia.it/isole-eolie).

Tutte le immagini sono tratte dal volume M. Cavalier, Il Museo Eoliano di Lipari. Muggiò (Milano), Oreste Ragusi Editore. Le immagini di reperti archeologici sono pubblicate su concessione della ©Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e I.S. - Parco Archeologico delle Isole Eolie, Museo Luigi Bernabò Brea – Lipari. E' vietata l'ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Bibliografia essenziale:
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, Il castello di Lipari e il museo archeologico eoliano, Palermo, Flaccovio ed., 1977.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, Il museo eoliano di Lipari. Milazzo, Oreste Ragusi editore, 1980.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, Isole Eolie. Vulcanologia e archeologia. Muggiò, Oreste Ragusi editore, 1992.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, U. Spigo, Lipari, Museo Archeologico Eoliano, Palermo, Ed. Novecento, 1994.
  • U. Spigo, M.C. Martinelli, a cura di, Dieci anni al Museo Eoliano (1987-1996). Ricerche e studi, Quaderni del Museo Archeologico Regionale Eoliano,1 , Regione Siciliana, Assessorato Beni Culturali, Messina, 1996.

L'interesse per il Giappone

Kawanabe Kyōsai (1831–1889). Stazione 58 della serie “Luoghi famosi del Tōkaidō”. Ca. 1863 (Collezione L. Bernabò Brea).

All’inizio degli anni Trenta del ‘900 Luigi Bernabò Brea, allora giovaimo, venne a contatto con il patrimonio del Museo d’Arte Orientale “Edoardo Chiossone” di Genova e incominciò ad interessarsi alla catalogazione delle splendide xilografie policrome del periodo Edo, lasciate fino a quel momento in ombra dalla ricerca (Failla 2004, p. 206). Avviò su di esse un’indagine accurata, resa estremamente complessa dalla carenza di strumenti disponibili in Italia, e la proseguì fino al 1935, quando i suoi impegni, prima di studio e poi professionali, lo obbligarono a lasciare Genova. Poté riprendere questo lavoro solo nel 1971, nel momento in cui il Museo Chiossone fu finalmente riaperto - dopo i lunghi anni seguiti allo sgombero durante la guerra- e conobbe un felice momento di rinascita, degno del suo patrimonio che figura tra i più rilevanti in Europa.

Utamaro hitsu (1753-1806) - La oiran Hana Murasaki, pensosa, sta per scrivere una lettera. Tiene in una mano il rotolo di carta e con l’altra porta alle labbra il pennello. Attorno al 1790 (Collezione L. Bernabò Brea).

In collaborazione con i Dirigenti del Comune di Genova e il Direttore del Museo, Luigi Bernabò Brea organizzò alcune mostre legate a singoli autori o a specifiche tematiche. Sarebbe una grave sottovalutazione ridurre il significato di questo lavoro a un mero interesse estetico: “É importante rammentare che queste rassegne e i relativi cataloghi , per la prima volta in Italia, ebbero il merito di presentare l’Ukiyoe per ciò che era realmente – vale a dire, in senso pieno, un fenomeno artistico, storico e di costume che rispecchiava il grande mutamento dell’urbanesimo e la formazione del ceto borghese – e non già il semplice coté figurativo della vita del popolo di città…” (Failla 2004, p. 20

A partire dal ‘74, dopo il suo collocamento a riposo, la collaborazione con la studiosa giapponese Eiko Kondo gli permise di portare a termine il lavoro con il desiderato rigore critico e quindi di pubblicare il catalogo iniziato negli anni Trenta (L. Bernabò Brea, E. Kondo, 1979, Stampe e pitture. L’Ukiyo-e dagli inizi a Shunshō). Infatti, se prima, pur avendo applicato a questo studio lo stesso acume scientifico che contraddistingue tutta la sua opera, “ …la mancanza di una preparazione filologica mi poneva dei limiti drastici, costringendomi ad attenermi pressoché alle sole fonti occidentali, anch’esse d’altronde spesso inesistenti nelle biblioteche italiane”, la specifica competenza della studiosa giapponese rese possibile “recuperare il lavoro da me fatto, [ dopo averlo] sottoposto a … revisione critica .. e sostanziale aggiornamento” (Bernabò Brea, Kondo 1979, Introduzione, p. 9). Il volume, che ancora oggi è ritenuto valido e citato, soprattutto nell’edizione inglese, fu un precursore : “l’opera di classificazione e ordinamento iniziata da Bernabò Brea negli anni Trenta anticipò di almeno un ventennio il momento della vera e propria riscoperta e rivalutazione dell’arte popolare Ukiyoe nel periodo postbellico da parte dei più avvertiti e specializzati ambienti scientifici europei ed americani” (Failla 2004, p. 208).

L’interesse di Luigi Bernabò Brea per il Giappone non venne mai meno nemmeno durante gli anni dei suoi intensi impegni professionali quale Soprintendente Archeologo, come dimostra la biblioteca di circa 300 volumi sulla cultura di quel Paese che egli raccolse, insieme ad una piccola collezione di stampe. In due occasioni ebbe modo di visitare il Giappone, nel 1978 e nel 1984, per accompagnare due mostre organizzate dall’Istituto Italiano di Cultura a Tokio in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Siracusa (Prof. G. Voza): “Sicilia Preellenica ed Anellenica” e “Mostra della Sicilia greca” (Calafato 2018, pp. 97-103). Del secondo viaggio, che gli consentì di visitare numerosi luoghi che suscitarono in lui grande interesse, resta un breve diario, che è stato pubblicato da Gunhild Avitabile (Avitabile 2002, pp. 298-317).

Nel 2017 Madeleine Cavalier, rispettando il desiderio di Luigi Bernabò Brea, ha donato al Museo Chiossone la biblioteca di libri sul Giappone, alcuni quaderni di schizzi di Maestri giapponesi e alcune stampe.

Riferimenti bibliografici

  • Avitabile G., 2002, Amore della gioventù. Passione per la vita. L’archeologo Luigi Bernabò Brea e la sua passioni per le “Immagini del mondo fluttuante”, in Cavalier M, Bernabò Brea M., a cura di, In memoria di Luigi Bernabò Brea, Palermo, Grispo Editore, pp. 289-333.
  • Bernabò Brea L., Kondo E., 1979, Stampe e pitture. L’Ukiyo-e dagli inizi a Shunshō, Genova, Sagep editrice
  • Calafato E., 2018, Il fascino discreto del mondo fluttuante: Luigi Bernabò Brea e il suo “caldo innamoramento” per il Giappone, in Chiesa F., a cura di, 2018, Akaito. Archeologi e Antropologi all’ombra del Sol Levante, Mimesis Edizioni, Milano-Udine, pp. 81-106.
  • Failla D. 2004, Il contributo di Luigi Bernabò Brea alla conoscenza e alla valorizzazione dell’arte giapponese Ukiyoe del Museo Chiossone di Genova, in Pelagatti P., Spadea G., a cura di, Dalle Arene Candide a Lipari. Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea, atti del convegno di Genova , 3-5 febbraio 2001, Bollettino d’Arte, vol. speciale, Roma, pp. 205-212.

HANNO SCRITTO DI LUI

Sulla figura di Luigi Bernabò Brea sono usciti, durante la sua vita, i seguenti contributi:

  • L. Bernabò Brea,Biografie e bibliografie degli accademici lincei, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1976, pp. 729-732.
  • L. Bernabò Brea, Ricordi Akrensi, studi Akrensi I, Palazzolo Acreide, 1980-'83, pp. 23-29.
  • L. Bernabò Brea, La Sicilia nella mia vita, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 33-45.
  • S.L. Agnello,Luigi Bernabò Brea: abbozzo per un ritratto, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 47-57, ripubblicato in Archivio Storico Siracusano s. III, II, 1988, pp. 173-184.
  • G. Voza, Luigi Bernabò Brea: soprintendente alle Antichità della Sicilia orientale, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 59-70.
  • N. Bonacasa, Omaggio a Luigi Bernabò Brea: nelle maschere teatrali liparesi i connotati di una storia umana, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 71-75.
  • V. Tusa, Uno studioso che ha dato un volto nuovo alla preistoria del Mediterraneo, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 77-79.
  • G. Monaco, Luigi Bernabò Brea e l'istituto per il Dramma Antico di Siracusa, in L'Accademia Selinuntina di Scienze, Lettere ed Arti di Mazara del Vallo ed il premio Selinon 1984, pp. 81-83.
  • G. Traversari, Luigi Bernabò Brea: in Premio Internazionale "I cavalli d'oro di San Marco", IX edizione, Fondazione "Centro Veneto Studi e Ricerche sulle Civiltà Classiche e Orientali", Venezia, 1993.
  • ARCIPELAGO IN, luglio-settembre 1996, Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier cittadini delle Isole Eolie

Dopo la sua scomparsa, tra i principali contributi si ricordano:

  • L.S. Agnello, Luigi Bernabò Brea dalla filologia alla storia, La provincia di Siracusa, anno IV, 2, aprile 1999, pp. 26-27.
  • A.M. Bietti Sestieri, Ricordo di Luigi Bernabò Brea, in Preistoria e Protostoria della Toscana, Atti della XXXIV Riunione Scientifica dell'IIPP, Firenze (29 settembre / 2 ottobre 1999), pp. 15-19.
  • C. Doumas, Luigi Bernabò Brea (1910-1999), Archaiogeosia, 10, 1999-2000, pp. 267-272.
  • V. La Rosa, II vento se l'è preso, l'ultimo degli eolidi, Magna Graecia, 2, 1999, pp. 6-12.
  • J.P. Morel, Luigi Bernabò Brea (27 septembre 1910-4 février 1999), Revue Archéologique, 1999,1, pp. 103-105.
  • "Nuove Effemeridi", rassegna trimestrale di cultura, Anno XII, n. 46, 1999. Numero dedicato a Luigi Bernabò Brea.
  • V. Tusa, Ricordo di Luigi Bernabò Brea, Kalòs, anno 11, gennaio-febbraio 1999, pp. 1-3.
  • M. Saiya. Luigi Bernabò Brea: in memorian. Il Museo Eoliano nella prospettiva del Turismo culturale, in Arcipelago in, Anno XIII,n°1, 1999, p.8
  • G. Iacolino, Un cuore che non cesserà mai di battere, in Arcipelago-in,Anno XIII, n°1,1999, p. 9.
  • U. Spigo, Il Museo Archeologico Regionale Eoliano in Nuovi Effemeridi, II, n.46, 1999, pp.88-98.
  • La Società Siracusana Di Storia Patria, Marzo-Maggio 1999, da la notizia della morte di Luigi Bernabò Brea.
  • S. Mammini, La via maestra delle Eolie, Archeo n. 186, 2000, pp. 50-55.
  • M. Pacciarelli, Ricordando Luigi Bernabò Brea, Archeologia Viva, maggio-giugno 2000.
  • A. Sardella - M.G. Vanaria, L'Istituto di Preistoria a Lipari sul ricordo di Bernabò Brea, Magna Grecia, Anno XXXV, n. 1-2, 2000.
  • V. Tusa, a cura di, Per Luigi Bernabò Brea, Sicilia Archeologica, XXXIII, 2000;. pp. 7-8.
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  • G. Buongiorno, Ricordando Luigi Bernabò Brea, in "Archeologia Viva", XIX, 2000.
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  • M.C. Martinelli - U. Spigo, a cura di, Studi di preistoria e protostoria in onore di Luigi Bernabò Brea, Quaderni del Museo Archeologico Regionale Eoliano "Luigi Bernabò Brea", Supp. I, Messina, 2001, pp.1-346.
  • M. Cavalier - M. Bernabò Brea, In memoria di Luigi Bernabò Brea, Palermo, 2002.
  • D. Cocchi - R. Peroni, Ricordo di Luigi Bernabò Brea, in Congresso Nazionale "L'Età del Bronzo recente in Italia", Lido di Camaiore (26/29 ottobre 2000), pp. 11-14.
  • M.C. Martinelli, U. Spigo. Studi di archeologia classica in onore di Luigi Bernabò Brea, Quaderni del Museo Archeologico Regionale Eoliano "Luigi Bernabò Brea", Supp. II, Messina 2003, pp. 1-343.
  • Atti della XXXV Riunione scientifica. Le Comunità della preistoria italiana. Studi e Ricerche sul neolitico e le età dei metalli, Castello di Lipari 2-7 Giugno 2000. In menoria di Luigi Bernabò Brea; Istituto italiano di preistoria e protostoria, Firenze 2003; vol. I, pp. 1-535; vol. II, pp. 536-1151.
  • L. De Lachenal, Dalle Arene Candide a Lipari, Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea, in Magna Graecia Anno XXXVIII, N°1-4, 2003, p.58.
  • A. Segre, Luigi Bernabò Brea in "Quaternaria Nova", VII, 2004.
  • P. Pelagatti G. Spadea, a cura di, Dalle Arene Candide a Lipari. Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea. Atti del Convegno di Genova 3-5 Febbraio 2001, in Bollettino d'Arte, volume speciale, 2004, pp. 1-227.
  • G. Avitabile, Amore della Gioventù .Passione per la vita. Der Archaologe Luigi Bernabo Brea und Seine Leidenschaft fur das Ukiyo-e in Ostasiatische Zeitschrift, N.S. N°9, Fruhjahr 2005, pp.33-4o.

Manifestazioni in onore di Luigi Bernabò Brea:

  • L'alun de Méditerranée. Colloque international organisé par le Centre Camille Jullian, Le Centre Jean Bérard de Naples, l'unité de Recherche"Histoire et Archéologie des Mondes Chrétiens « avec le soutien : Regione Campania, Assessorato ai Beni Culturaki, Centre National de la Recherche Scientifique, Ecole Française de Rome, Institut Français de Naples, Museo Archeologico Regionale Eoliano « Luigi Bernabò Brea » Lipari ; Naples 4-6 Juin 2003- Lipari 7-8 Juin 2003 : Collection du Centre Jean Bérard, 23, Naples-Aix en Provence, 2005, pp. 1-352.
  • In occasione della IV settimana dei Beni culturali, il Comune di Palazzolo Acreide ha tenuto una serata culturale "In ricordo dell'Archeologo prof. Luigi Bernabò Brea, Intervenuto Prof. G. Voza, 24, 3, 199.
  • A conclusione della Mostra Archeologica "Dalla Sicilia all'Adriatica. L'Impero dei due Dionisi" il Museo Archeologico Regionale di Agrigento ha organizzato una tavola rotonda in ricordo di Luigi Bernabò Brea, il 30 Aprile 1999.
  • Intitolazione Museo Archeologico Regionale Eoliano "Luigi Bernabò Brea" Decreto dell'Assessorato ai Beni Culturali e mbientali e P.I. del 1-10-1999. Assessore On. Prof. Salvatore Morinello; Direttore Generale. Giuseppe Grado.
  • Il Museo della Memoria. 50 anni di scavi archeologici sulla Rocca del Castello di Lioari, Lipari 1-13 Ottobre 2002. Mostra organizzata e allestita a cura del Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro, Palermo.
  • Commissione Nazionale Italiana dell'UNESCO e Assessorato Beni Culturali ed Ambientali Regione Siciliana. Assessore Regionale On. Avv. Fabio Granata. Direttore Generale Giuseppe Grado.
  • Siracusa. Il Settore "Preistoria" del Museo Paolo Orsi" è stato intitolato a Luigi Bernabò Brea, 23 Luglio 2005, con le testimonianze della Dott.ssa Concetta Ciurcina, Direttrice del Museo Paolo Orsi, del Prof. Giuseppe Voza, già Soprintendente ai Beni Archeologici, e dell'Arch. Mariella Muti Sovrintendente ai Beni Archeologici e Ambientali. Assessore Pagano.
  • G.V. CHILDE 1949, Review of: Gli scavi nella caverna delle Arene Candide: i, gli strati con ceramiche, by Luigi Bernabò Brea, in Proceedings Prehistoric Society, pp. 196-197.
  • Soc. Siracusana Storia Patria, 27.9.2010, Per Luigi Bernabò Brea. Nel centenario della nascita.
  • M.L. FERRARA 2010 – Il contributo scientifico di Luigi Bernabò Brea alla conoscenza e tutela dell’archeologia della Sicilia orientale, in Auditorium.info, 11 dicembre 2010, http://www.mediares.to.it
  • Apposizione della targa intitolata a Luigi Bernabò Brea sulla facciata della Soprintendenza di Siracusa, P.za Duomo, settembre 2011.
  • L. de Lachenal, R. Maggi, 2012, Luigi Bernabò Brea, in Dizionario biografico dei Soprintendenti Archeologi (1904-1974), Ministero per i Beni e le Attività Culturali, pp. 131-141.
  • Numerosi contributi citano l’attività di Luigi Bernabò Brea nel volume: R. PANVINI, A. SAMMITO, a cura di, 2017 - Archeologia in Sicilia fra le due Guerre, Atti del Convegno di Modica, 5-7 Giugno 2014, Archivum Historicum Mothycense nn. 18-19 (2014-2015).
  • Numerosi contributi si riferiscono all’attività di Luigi Bernabò Brea nel volume: R. PANVINI, F. NICOLETTI, a cura di, 2020 - Archeologia in Sicilia nel Secondo Dopoguerra, Palermo, Regione Siciliana, Dip. Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali Catania.
  • M. CULTRARO 2020, L’archivio Luigi Bernabò Brea presso la Soprintendenza regionale BB.CC.AA. di Siracusa (1941-1973), in A. Pessina, M. Tarantini, a cura di, Archivi dell’Archeologia Italiana, Atti della giornata di studi Archivi dell’archeologia italiana. Progetti, problemi, prospettive, Firenze, 16 giugno 2016, Ministero Per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Generale Archivi, pp. 291-309.
  • Luigi Bernabò Brea e la Sicilia: bilancio e prospettive di ricerca a un quarto di secolo della sua scomparsa – Melilli, 17/18 febbraio 2024
  • 17 e 18 febbraio 2024. Melilli omaggia Luigi Bernabò Brea, il grande Maestro archeologo e funzionario della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale

Bibliografia

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Meligunìs Lipàra I

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra I
    La stazione preistorica della contrada Diana. La necropoli protostorica di Lipari, Palermo, 1960.
Lipari. La contrada Diana vista dal monte

Con questo volume inizia la pubblicazione degli scavi archeologici eseguiti dalla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale nelle isole Eolie.

Nel neolitico la loro prosperità dipende dallo sfruttamento di una delle materie prime allora più ricercate: l'ossidiana, il taglientissimo vetro naturale eruttato dai vulcani di Lipari, che ridotta a strumenti da taglio, alimentava una larga esportazione. L'isola si popolò allora di floridi villaggi e fra questi sul finire del neolitico quello della contrada Diana, illustrato nella prima parte di questo volume.

Il neolitico eoliano attraverso queste scoperte si rivela come una civiltà raffinatissima dotata di una elevata sensibilità artistica che si manifesa soprattutto nelle forme eleganti dei vasi e nella perfetta levigatura delle loro superfici monocrome.

Col diffondersi della metallotecnica la domanda dell'ossidiana viene meno e le isole Eolie risentono le conseguenze economiche delle mutate condizioni di vita; assistiamo al trapasso del neolitico all'età dei metalli. Renato Peroni dice "Meligunìs Lipàra I ci dà innanzi tutto una completa definizione e un solido inquadramento della cultura di Diana".

La seconda parte illustra le tombe, ricche di bronzi, di ambre, di pasta vitrea e d'oro, dei conquistatori ausoni, apportatori del rito dell'incinerazione. Si tratta di un contributo importante per la conoscenza dell'età del bronzo finale italiana che R. Peroni stima come un "grande passo in avanti alla nostra comprensione storica di questo periodo".


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Meligunìs Lipàra II

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra II
    La necropoli greca e romana nella contrada Diana, con appendici di A.D. Trendall, T.B.L. Webster, e di M.T. Currò, Palermo 1965.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra V
    Scavi nella necropoli greca di Lipari, Roma 1991.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra VII
    Lipari Contrada Diana. Scavo XXXVI in proprietà Zagami (l975-1993) Palermo,1995.
  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard - Meligunìs Lipàra XI
    Gli scavi nella necropoli greca e romana nell'area del Palazzo vescovile, in due volumi, Palermo 2001.
Lipari. Necropoli greca. Lo scavo XXXV 1974

Questi quattro volumi dedicati all'archeologia eoliana illustrano i rinvenimenti della necropoli greca e romana di Lipari i cui scavi, diretti dagli autori, si sono protratti dal 1948 al 1993. Circa 2500 corredi tombali scaglionati attraverso nove secoli, dal VI a.C. al III d.C., offrono un quadro assai completo dell'evoluzione dei riti funebri, delle forme ceramiche, degli stili della loro decorazione, della tipologia delle terracotte figurate, degli oggetti di bronzo, delle oreficerie ecc., in questo lungo periodo.

Nel campo della ceramica, alle importazioni da lontani centri della Grecia propria, dapprima soprattutto Corinto, più tardi Atene (ceramica studiata e classificata da François Villard), succedono nel corso del IV secolo a.C. quelle da fabbriche della Magna Graecia, della Sicilia e da Lipari stessa. A queste appartengono grandi crateri figurati non di rado presentanti miti rari o scene fliaciche, fra cui eccelle quello attribuibile alla mano del ceramico paestano di Asteas.

Nella seconda metà del IV sec. a.C., continua questo artigianato locale, che all'inizio del III sec. a.C., raggiunge il punto più elevato del suo sviluppo con la produzione di un maestro, dal nome ignoto, chiamato convenzionalmente il "pittore di Lipari" e dai suoi scolari. I loro vasi conservano sovente freschissima una insolita vivace policromia.

Nella coroplastica è importantissima la scoperta di un ingente numero di piccole terracotte figurate di argomento teatrale. Si tratta di modellini fittili di maschere, tragiche e comiche, di statuette di personaggi del dramma satiresco, della commedia antica e di mezzo, di maschere della commedia nuova. La loro produzione si estende dalla metà del IV sec. a.C. fino alla distruzione di Lipari da parte dei romani nel 252-251 a.C.

Esse costituiscono nel loro insieme una delle serie di monumenti relativi alla storia del teatro greco, non solo fra le più vaste e complete, ma anche fra le più antiche che ci siano pervenute. I rinvenimenti archeologici mostrano altresì segni di decadenza negli ultimi anni della vita della città, e attestano al tempo stesso la sua debole ripresa dopo il 252, ben lontana dagli antichi splendori, ma comprovata da vari corredi tombali che perdurano fino all'età imperiale.


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Meligunìs Lipàra III

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra III
    Stazioni preistoriche delle isole Eolie Panarea, Salina, Stromboli, Palermo 1968.

PARTE I. Esplorazione archeologica delle isole di Panarea e Stromboli.
PARTE II. Esplorazione paletnologica dell'isola di Salina.
APPENDICE. Contrassegni o marche di vasai sulle ceramiche eoliane dell'età del bronzo.

Panarea. Villagio del promontorio del Milazzese. La capanna 1

La più antica testimonianza di frequentazione umana finora trovata nell'isola di Panarea appartiene al neolitico medio.
Sono state raccolte cospicue testimonianze del neolitico superiore (seconda metà del IV millennio a.C.) alla Calcara (livello inferiore) e sull'estrema vetta dell'isola (Piano Cardosi). Sono ceramiche dello stile di Diana.
Al Piano Quartara, un pianoro al di sopra della spiaggia di San Pietro, sono state trovate le tracce di un piccolo insediamento della fase finale dell'età eneolitica (ultimi secoli del III millennio a.C.). Confronti con materiale della penisola italiana fanno attribuire all'inizio dell'età dei metalli le tombe rinvenute in contrada Drauto (Panarea) e Malfa (Salina).

Panarea. Villagio del promontorio del Milazzese. La capanna 8

La cultura di Capo Graziano (prima età del bronzo, prima metà del II millennio a.C.) è rappresentata a Panarea da un gruppo di singolari pozzetti di circa 1 m di diametro venuti in luce al di sopra dello strato neolitico sul margine meridionale della conca fumarolica della Calcara; forse offerte votive ad una divinità dei vulcani o meglio ad una divinità salutare.
Alla media età del bronzo appartiene l'insediamento preistorico del promontorio del Milazzese. Sono state messe in luce una ventina di capanne di forma tondeggiante, salvo una sola che è quadrangolare.
Le ceramiche raccolte permettono di definire i caratteri della facies culturale eoliana di questa età. I numerosi frammenti di ceramica micenea di stili IIIA e IIIB permettono di datare questo villaggio fra il XIV e gli inizi del XIII sec. a.C.

Come tutte le altre isole minori, Stromboli dovette ricevere una popolazione stabile fin dal neolitico superiore. Dell'eneolitico superiore sono state trovate ceramiche sparse sul Timpone di Ginostra, al di sopra dell'abitato attuale.

Salina. Villaggio della Portella. La capanna H

A Salina la cultura di Capo Graziano è presente a Serro dei Cianfi, insediamento noto solamente da discarica di materiali.
Un importante villaggio della cultura del Milazzese fu messo in luce alla Portella. Gli scavi misero in luce una diecina di capanne addossate al pendio stesso. Come a Panarea, la distruzione violenta del villaggio ha lasciato evidenti tracce seppellendo tutto ciò che conservavano le capanne.

Segue un catalogo dei contrassegni ricorrenti sulle ceramiche eoliane dell'età del bronzo, esteso anche ai segni su ceramiche rinvenute al di fuori delle isole esaminate (Lipari, Filicudi e Milazzo).


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Meligunìs Lipàra IV

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra IV
    L'Acropoli di Lipari nella preistoria, Palermo 1980, in tre volumi: testo; con appendici di L.W. Taylour, M. Garasanin, E, Contu, M. Alessio, F. Bella, C. Cortesi, B. Turi, J.L Williams, T. Mannoni; tavole e atlante
Veduta aerea del castello visto da Sud con la cnta delle mura spagnole del XVI secolo

Gli scavi fortunatissimi dell'Acropoli di Lipari hanno gettato un raggio di vivida luce su lontani periodi della preistoria e della protostoria del bacino occidentale del Mediterraneo, rivelando aspetti di civiltà fin'ora appena intravvisti del neolitico, e di tutta l'età del bronzo, documentando antichissimi rapporti col mondo egeo.
L'insediamento sull'Acropoli inizia con il neolitico a ceramica tricromica e prosegue fino alla fine dell'età del bronzo con alcune pause significative integrabili con i materiali provenienti da altre zone dell'isola.
Il fenomeno è evidente durante il neolitico: l'abitato sull'acropoli documentato dalla ceramica tricromica, e nella successiva fase, di Serra d'Alto ha avuto un momento di abbandono durante il neolitico superiore per tornare sull'Acropoli solamente negli estremi momenti del periodo stesso con indizio della prima lavorazione del metallo (scorie di fusione del rame).

La successiva fase di Piano Conte è conosciuta da vari abitati; è un periodo di transizione con importazione di ceramica di Serraferlicchio.
La fase di Piano Quartara è un altro momento di isolamento che precede la grande fioritura dell'età di Capo Graziano; continuano i rapporti con la Sicilia. La prima età del bronzo si distingue in due fasi. Nella prima fase gli abitati sono in pianura, non lontano del mare (contrada Diana a Lipari, Piano del Porto a Filicudi).

Lipari Castello. La zona meridionale dello scavo vista da Nord

In un secondo momento i villaggi si arroccano su alture naturalmente protette come l'Acropoli di Lipari e il Capo Graziano a Filicudi.
E' in questa seconda fase che ha inizio un intenso rapporto fra le isole Eolie e il mondo Egeo, rapporto che con diversa frequenza prosegue fino alla fine dell'abitato preistorico, attraverso le varie fasi dell'età del bronzo medio, recente e finale che localmente sono conosciute come culture del Milazzese, dell'Ausonio I e dell'Ausonio II.
L'esplorazione dell'abitato del Castello attraverso tutti i villaggi che si sono sovrapposti è fin'ora di estensione troppo limitata, rispetto all'intera area, per consentire delle conclusioni definitive di carattere urbanistico.

Dobbiamo limitarci necessariamente ad osservazioni parziali. Una ventina di capanne appartenenti al villaggio della cultura di Capo Graziano sono ovali, prevalentemente di forma allungata. Le loro dimensioni sono piuttosto esigue, offrivano quindi un rifugio assai angusto ad un piccolo nucleo familiare.
Del villaggio della cultura del Milazzese sono state messe in luce diciotto capanne, sono quasi tutte costruite da un solo vano; costruite in elevazione, con muri a duplice prospetto e con una struttura accuratissima, con blocchetti poligonali disposti in filari con una sensibile tendenza all'isodomia. L'architettura dell'Ausonio I ci è testimoniata dai resti di una dozzina di capanne, solo cinque delle quali sono però tali che se ne possa riconoscere una planimetria.

A sinistra una parte della grande capanna dell'Ausonio II, al centro una capanna dell'Ausonio I

Grande è la varietà delle forme: capanne che conservano il tipo tradizionale si presentano come un unico vano ovale, altre erano di forma quadrangolare, una forse quadrata con angoli arrotondati.
Dell'Ausonio II abbiamo un grande monumento giuntoci in modo tale da poterne riconoscere non solo non solo la planimetria, ma anche le principali caratteristiche strutturali dell'elevato.
Indubbiamente l'architettura di questa età rappresenta un cambiamento totale rispetto a quelle delle età precedenti, un abbandono di tutte le tradizioni e l'introduzione di tecniche nuove di diversissime origine.

La struttura portante doveva essere in legname. Coppie di montanti verticali dovevano reggere delle capriate trasversali all'asse lungo della capanna. I montanti erano infissi nel terreno e poi incapsulati in una struttura muraria che non doveva avere una vera e propria funzione portante, ma piuttosto una funzione di tamponamento.

La grande capanna dell'Ausonio II

Seguono alcune appendici che corredono il volume. La pubblicazione del ripostiglio di bronzi rinvenuto sotto il suolo della capanna alfa II, dà ancora una volta la misura delle relazioni ad ampio raggio delle isole.
Di M. Garasanin è un esame delle relazioni balcanico-appenniniche; di E. Contu lo studio dedicato alla ceramica nuragica.

Di particolare interesse è lo studio di J. Williams sulla composizione delle ceramiche eoliane che dimostra che in certi casi tali manufatti venivano fabbricati con argille importate con intrusi locali dando la misura la specializzazione di questo tipo di produzione.


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Meligunìs Lipàra VI

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra VI
    Filicudi, Insediamenti dell'età del bronzo. Appendici di R.M. Albanesi Procelli,
    M.C. Martinelli, L. Vagnetti, P. Villari, J.L. Williams, Palermo 1991.
Filicudi. Veduta aerea del villaggio della Montagnola di Capo Graziano

Intorno al 3000 a.C. Filicudi ha dovuto avere una popolazione stabile, dimostrata da frammenti ceramici dello stile di Diana trovati sulla Montagnola di Capo Graziano e lungo la sponda meridionale della baia del Porto.
All'inizio dell'età del bronzo, forse ancora prima del III millennio, sorse nell'isola un grande insediamento, senza dubbio di genti nuove, venute da lontano, che vi si stabilirono, e nelle quali abbiamo creduto di potere riconoscere gli Eoli delle leggende, dei quali le isole portano ancora il nome.
Si tratta di un grande villaggio insediato sul lato meridionale del Piano del Porto su una lunghezza lineare di oltre novecento metri. Le capanne dovevano addensarsi soprattutto sul Pendio del Piano del Porto. Scavi assai limitati sono stati fatti presso il Filo di Lorani nel tratto in cui esso prende il nome di Filo Braccio.

Filicudi Filo Braccio. La capanna D

Si misero in luce due capanne, l'una assai maggiore dell'altra, costruite con ciottoli della spiaggia tirreniana, le quali si sovrappongono ai resti di due altre capanne più antiche. Nell'interstizio fra le due capanne affiancate si trovò un complesso di vasetti, forse una piccola fossa votiva.
La trincea al di sopra della casa Lopez ha messo in luce una capanna ovale ben conservata con muri perimetrali costruiti con ciottoli della spiaggia fossile e con argilla.
I rinvenimenti di queste capanne ci permettono di definire con molta chiarezza lo stile ceramico della fase iniziale della facies culturale eoliana della prima età del bronzo e permettono di riscontrare la somiglianza delle forme ceramiche con quelle delle culture della stessa età della Grecia continentale, offrendoci un indizio circa la provenienza delle genti a cui questa facies culturale è dovuta.
Dopo alcuni secoli, agli inizi cioè del secondo millennio a.C., l'abitato si trasferì dalla riva del mare, indifendibile, alla sommità della sovrastante Montagnola di Capo Graziano che costituiva una vera fortezza naturale, in una posizione molto più adatta alla difesa.

Il villaggio della Montagnola visto da Sud

Lo scavo ha messo in luce qui poco meno di una trentina di capanne, molto serrate fra loro, in rapporto ad una popolazione numerosa e alla ristrettezza dello spazio disponibile. Sono capanne ovali costruite con pietra locale, latitandesite a frattura irregolare.
Nello scavo di questo insediamento si riconoscono due periodi stratificamente ben distinti. Il più antico corrispondente alle fasi evolute della facies culturale di Capo Graziano successive al trasferimento dell'abitato. Solo nei livelli più elevati degli strati riferibili alla cultura di Capo Graziano si incominciano a trovare frammenti di ceramiche egee importate. Sono ceramiche corrispondenti ad una tradizione mesoelladica prolungatasi in età micenea (cioè tardoelladica) o ceramiche dipinte protomicenee di stile I e II, che ci offrono un elemento di datazione molto preciso e ci permettono di riconoscere che la facies culturale di Capo Graziano ha continuato ad evolvere fino al passaggio dallo stile miceneo II al III e cioè fino all'incirca al 1430 a.C.

Al livello della cultura di Capo Graziano si sovrappongono quelli della cultura del Milazzese, caratterizzati da un complesso ceramico del tutto diverso, di origine e attinenza siciliana.
Nei livelli di una prima fase di questa nuova cultura si trovano ancora frammenti di ceramiche egee importate, ora di stile Miceneo III A1 e cioè della fine del XV- e degli inizi del XIV secolo a.C.
L'abitato dell'età del Milazzese, come tutti gli altri abitati contemporanei delle Eolie, finisce con una distruzione violenta, databile nel corso dei primi decenni del XIII secolo a.C.

La parte III del volume tratta la necropoli negli anfratti naturali sulle pendici della Montagnola di Capo Graziano.
Sono tombe del tipo collettivo a groticella artificiale, largamente diffuso nella stessa età non solo in Sicilia, ma anche nella penisola italiana.
La durezza della roccia escludeva che si potessero scavare in essa le regolari camerette funerarie, e si cercò quindi di adattare come meglio possibile alla stessa funzione ciò che la natura stessa offriva di più simile.
I corredi appaiono costituiti di vasetti di piccole dimensioni ; la loro tipologia li dimostra appartenenti ad una fase piuttosto antica della cultura di Capo Graziano.


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Meligunìs Lipàra VIII

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra VIII
    Parte I Salina. Ricerche archeologiche (1989-1993), con appendici di J.L. Williams e S. Levi, M.C. Martinelli. pp. 1-190; Parte II di A. Pagliara, Fonti per la storia dell'arcipelago Eoliano in età greca, pp.1-129. Palermo 1995
Salina. La capanna neolitica di Rinicedda

Agli scavi eseguiti nell'isola di Salina nel 1956, negli insediamenti dell'età del bronzo di Serro dei Cianfi e della Portella, era stata dedicata un'ampia sezione del Meligunìs Lipàra III.
Per molti anni dopo di essi, non vi sono stati nell'isola rinvenimenti di rilevante significato, soprattutto in campo preistorico.
Un vivace risveglio degli interessi per l'archeologia dell'isola e una serie di belle scoperte, a cui hanno fatto seguito nuovi interventi di scavo, hanno poi avuto luogo in questi ultimi anni.
Un insediamento stabile di genti proveniente dalla Sicilia è sorto a Salina fin dall'inizio del neolitico medio, contemporaneamente ai primi insediamenti di Castellaro Vecchio nell'isola di Lipari, negli ultimi secoli del V millennio a.C.

Gli scavi fatti nel 1989 hanno messo in luce una capanna ovale riconoscibile nello scavo solo a causa della diversa compattezza del terreno. Se ne riconobbe il suolo battuto su cui erano vasi frantumati, ossidiana, placche litiche, ecc.
Un accumulo di pietre tutto intorno al margine superiore era certamente in rapporto con un tetto stramineo che ricopriva la capanna, E' un tipo di abitazione assai primitivo, noto nell'Italia meridionale, ma finora mai ritrovato in Sicilia e nelle Eolie.

Un altro insediamento, alquanto più tardo, è stato scoperto successivamente (1990) sul Serro Brigadiere, un dosso che sovrasta l'abitato di Santa Marina Salina.
Venne in luce un gruppo di capanne, anch'esse di tipo molto primitivo scavate nel terreno, addossate ad un banco di tufo grigio compatto. Erano delle semplici fosse allungate con angoli arrotondati, con suolo battuto. Talvolta il perimetro era completato con una successione di pietre o allineamento di pietrame che circondava il margine superiore della fossa, certo in rapporto con la copertura delle capanne.
Queste capanne appartengono alla facies culturale di Piano Quartara (seconda metà del III millennio).
La ceramica raccolta attesta anche una frequentazione di questa zona fin dall'eneolitico iniziale (prima metà del III millennio a.C.) e dall'eneolitico medio (ceramica dello stile di Piano Conte, intorno alla metà del III millennio.

L'abitato continua fino alla successiva fase culturale di Capo Graziano (inizio dell'età del bronzo).
Poco più in basso è addossata al pendio della collina una capanna del bronzo medio (cultura del Milazzese, XIV secolo a.C.).
Alla fase della cultura di Capo Graziano è riferibile un insediamento capannicolo sulla ripida dorsale della contrada a poca distanza della capanna neolitica di Rinicedda.

La seconda parte del volume è dedicata alle fonti per la storia dell'arcipelago eoliano in età greca.


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Meligunìs Lipàra IX

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, F. Villard - Meligunìs Lipàra IX
    Topografia di Lipari in età greca e romana. Parte I. L'Acropoli, Parte II. La città bassa con appendici di M.A. Mastelloni, E. Messina, G. ANCONA, A. Ollà', L. Campagna, U. Spigo (con la collaborazione di F. Famularo). Palermo 1998
La torre delle fortificazioni greche del IV sec. a.C. inglobata a sinistra nella porta-torre di età romana, a destra nelle mura spagnole del XVI secolo
Parte I

Pochissime erano le vestigia della Lipari greca che si conservano e che sono venute in luce negli scavi.
I Cnidii e i Rodii che nel 580 a. C. rifondarono la città si stabilirono certamente sull'acropoli circondata tutto intorno da balze altissime, che ben si prestava ad essere difesa dalle incursioni dei pirati tirreni, ma di quest'epoca furono trovate solo alcune fosse votive (bothroi) fra cui principalissima quella, grandiosa, del santuario di Eolo.
Ben presto l'area dell'acropoli dovette rivelarsi insufficente e la città si estese sulla Civita e sulle pendici dell'acropoli verso la piana e verso Marina Corta.

Nel IV secolo a.C. l'acropoli, che costituiva una fortezza entro la città, dovette essere rafforzata con nuove opere, almeno sull'unico lato da cui si poteva accedere ad essa e cioè verso la Civita. Si conserva infatti inglobato nelle più tarde fortificazioni del XIII e del XVI secolo d.C. una torre greca presentante ben ventitre assise di blocchi squadrati, di struttura assai simile a quella delle mura di Diana.
I Romani dopo la conquista e la distruzione di Lipari (252-251 a.C.) trasformarono l'acropoli in una fortezza radendone probabilmente al suolo tutti gli edifici. Solo un secolo dopo essendo cambiata la situazione politica nel basso Tireno e avendo perso le Isole Eolie ogni valore strategico, l'acropoli tornò ad essere un un quartiere residenziale.

Gli scavi eseguiti sull'acropoli hanno rilevato le testimonianze di un impianto urbano regolare "per strigas", del quale per quanto ne resta possiamo ricostruire almeno le linee essenziali, anche se alcuni elementi restano ancora da accertare.
Una strada principale più larga (decumanus) iniziando dall'unico ingresso dell'acropoli, situato sul lato Nord (e corrispondente esattamente a quello attuale) correva assialmente in senso Nord-Sud per tutta la lunghezza della rocca e cioè per più di duecento metri. Questa strada era intersecata, non proprio ortogomalmente, ma con lieve obliquità, a intervalli regolari di cento piedi (m.32,50), da strade minori (cardines) della larghezza di circa dieci piedi (m.2,80 circa).
Essa si svolgeva in lieve salita nel primo tratto di una ottantina di metri, corrispondente agli isolati I-III, ed era poi pianeggiante nel successivo tratto di circa 100 metri, corrispondenti agli isolati IV-VI. Non sappiamo come terminasse all'estremo Sud, oggi profondamente trasformato.
Doveva essere inoltre una circonvallazione intorno ai margini della rocca.
Le singole abitazioni furono più volte ricostruite attraverso i secoli dell'età republicana e imperiale.

Parte II
Le mura greche della prima metà del IV sec. a.C.

Intorno al 500 a.C. la città bassa fu circondata da un solido muro di fortificazione in opera poligonale, un tratto del quale fu scoperto nel 1954 nell'attuale piazza Monfalcone.
Circa un secolo dopo all'inizio del IV secolo a C. la città, cresciuta notevolmente la popolazione, si estese sull'inizio della piana oltrepassando verso Ovest il limite del centro urbano della Lipari attuale.
Fu costruita allora una nuova grandiosa cinta di mura che sbarrava la piana con una cortina rettilinea dal torrente Ponte a Sud al torrente di Santa Lucia a Nord. e doveva seguire poi il corso di questi torrenti fino al mare e cioè rispettivamente fino alle spiagge di Marina Corta e di Marina Lunga.
Di queste mura fu messo in luce una cinquantina di metri. Esse sono costruite interamente in elevazione con uno spessore di circa m. 3,75 e prospetti (sia interno che esterno) in blocchi squadrati di pietra del Monte Rosa in filari isodomi. Delle torre quadrate dovevano protreggere le porte urbiche principali.

Il muro delle fortificazioni campali della guerra civile fra Sesto Pompeo e Ottaviano

Le isole Eolie tornarono ad avere una grande importanza strategica al tempo della guerra civile fra Ottaviano che dominava in Italia e Sesto Pompeo che era invece padrone della Sicilia. In questa occasione le antiche mura greche che erano state in gran parte distrutte ed erano state largamente sepolte dall'apporto alluvionale ed eolico furono rinforzate da una nuova opera di fortificazione, un aggere costruito grossolonamente in grande fretta in pietrame a secco e talvolta con blocchi riutilizzati.

La città romana non superò mai il limite segnato dalle antiche mura greche e dal nuovo aggere se non con qualche edificio isolato.

La città romana del II sec. d.C.

All'interno della cinta gli scavi misero in luce resti di abitazioni più volte ricostruite fra il II-I sec. a.C. e il IV secolo d.C. nessuna della quali potè essere scoperta interamente perchè erano sepolte.
Si osservò l'indizio di almeno due strade paralleli (cardines) dividenti fra loro le varie insulae e si constatò il forte innalzamento del suolo attraverso i secoli, per cui ambienti che erano sorti come piano terreno divennero, alla fine di questo lungo periodo, dei seminterrati.
Fino a tutto il II secolo d.C. rimase libera all'interno della vecchia cinta muraria greca una larga strada di circonvallazione (pomerium) che fu poi anch'essa occupata da edifici.


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Meligunìs Lipàra X

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Meligunìs Lipàra X
    Scoperte e scavi archeologici nell'area urbana e suburbana di Lipari, Palermo, 2000.

Questo volume riunisce le relazioni riguardanti quattro diversi scavi eseguiti nell'area urbana e suburbana di Lipari in momenti e posizioni diversi senza alcun rapporto l'uno con l'altro.

Il primo, quello di un santuario suburbano, forse un Koreion, e dei resti di una arena rustica sovrappostasi ad esso in età romana, è un vecchio scavo risalente agli anni 1955-56 del quale sono state date in varie occasioni notizie preliminari, ma che ora viene presentato in modo completo ed organico.

Si trattava probabilmente di un santuario delle divinità eleusine (Demetra e Kore) che erano nel tempo stesso le dee delle messi e degli inferi e i cui riti si celebravano in primavera, al risveglio della natura, e dopo la mietitura, alla conclusione cioè del ciclo agricolo, quando Kore terminate le sue benefiche elargizioni all'umanità celebrava le sacre nozze con Hades e si avviava con lui al suo regno sotterraneo.

Gli altri tre sono scavi recenti effettuati nel corso degli anni novanta in seguito a scoperte a cui hanno dato luogo lavori edilizi nell'area urbana: (a) Corso V. Emanuele e (b) Via Franza e suburbana (c) Portinenti.

  1. Si tratta di un lembo di un'insula romana e strade che la delimitavano nel quadro della topografia del centro urbano in età imperiale romana (scavi 1995-1996).
  2. Complesso edilizio tardo romano in via Franza (scavi 1993-1996).
  3. Discariche di fornace romana (scavi 1993-1995) e necropoli greche in contrada Portinenti (scavi 1981 e 1993-95).

Appunto perché si tratta di scavi diversi senza relazione l'uno con l'altro che danno luogo a diversi problematiche, ciascuna delle quattro relazioni è presentata come uno studio monografico indipendente in sè concluso.
A due di essi fanno seguito studi particolari dovuti a nostri collaboratori:

  • A. Sardella e M.G. Vanaria Le terracotte figurate di soggetto teatrale del santuario dell'ex proprietà Maggiore di Lipari. Ph. Borgard L'atelier de potier du vallon de Portinenti. A, De Filippis e L.M. Rendina Ceramica di uso comune della discarica.
  • G. Acona, E. Messina Altri tipi di anfore nella discarica.
  • M. Denaro Vasi punici dalla necropoli greca di Portinenti.
  • L. Campagna Le anfore della necropoli in contrada Portinenti.

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Meligunìs Lipàra XII

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier, L. Campagna - Meligunìs Lipàra XII
    Le iscrizioni lapidarie greche e latine delle isole Eolie. Con la collaborazione di
    F. Famularo. Palermo 2003
La tomba 913

Si tratta della raccolta e dello studio completo delle iscrizioni lapidarie rinvenute alle Eolie dal 1948 - epoca di inizio degli scavi archeologici sistematici - sino al 2003.
Nello studio sono compresi anche i semàta funerari rinvenuti antecedentemente e casualmente, quelli venuti in luce nello scavo effettuato da Paolo Orsi nel 1928 e quelli appartenenti a collezioni private successivamente donate, con liberaltà e intelligenza al Museo.
Ma la massima parte delle iscrizioni provengono dagli scavi eseguiti dalla Soprintendenza, nella grande necropoli di contrada Diana.

In questi scavi molte iscrizioni sono state trovate sporadiche nel terreno o buttate in mucchi di pietrame senza alcun riferimento alle tombe che si stavano scoprendo negli strati sottostanti. Evidentemente si trattava di materiale di risulta dalla costruzione delle tombe stesse.

Un numero ancora maggiore è stato trovato riutilizzato in tombe romane generalmente dell'età augustea o giuglio claudia, e cioè in rozze tombe in muratura o in grossolani sarcofagi talvolta completamente costituiti da stelai di reimpiego; stelai o meglio frammenti di esse, in questa età sono talvolta posti a rincalzo delle tegole in tombe a cappuccina.

La riutilizzazione di antiche stelai funerarie continua d'altronde fino all'età romana imperiale.
Più raramente, in casi particolarissimi (scavo XXIII, 1955 e 1985) i semàta funerari sono stati trovati ancora in situ al di sopra delle tombe a cui appartenevano e ci hanno dato il nome del defunto.


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La Sicilia prima dei Greci

  • L. Bernabò Brea - La Sicilia prima dei Greci
    2° ed. Milano 1958.

L'autore ha dedicato questo volume alle ricerche archeologiche in Sicilia particolarmente intense per quanto riguarda la preistoria cioè le antiche civiltà fiorite nell'Isola prima della colonizzazione greca.
A questo si aggiungono i risultati di scoperte precedenti che non erano ancora pubblicate o edite in pubblicazioni non sempre accessibili ad un più vasto pubblico.
Da ciò deriva l'alto interesse di questo volume pubblicato a Londra nel 1957 nella collezione "Ancient Peoples and Places" diretta da Glyn Danien dell'Università di Cambridge (in inglese e in tedesco) e nel 1958 in prima edizione italiana nella serie de "Il Saggiatore".

Questo volume, per la prima volta elabora e sintetizza una quantità enorme di dati di fatto in parte di recente acquisisione e finora mai utilizzati in una sintesi generale. Riesamina, uno per uno, o li propone per la prima volta, tutti i numerosi e complessi problemi della preistoria siciliana, prospettandone soluzioni che, per novità di vedute e per l'ampiezza del panorama in cui si inseriscono, sono destinate a costituire in questo campo una tappa di fondamentale importanza, dalla quale gli studiosi ancora oggi non possiamo prescindere.

Non solo l'elenco delle stazioni preistoriche si è molto acresciuto se lo confrontiamo con quello con cui P.Orsi "il grande rivelatore della preistoria siciliana" chiudeva la sua cinquantennale opera di scavi e di ricerche. Accanto ai nomi ormai classici della preistoria siciliana ne compaiono altri nuovi, come la Cala dei Genovesi a Levanzo, Capo Graziano e Milazzese nelle isole Eolie, la grotta della Chiusazza nel siracusano, Serraferlicchio nell'Agrigentino ecc., certi destinati a diventare famosi. Infine la prospettiva dei periodi e delle facies culturali si fa assai più ricca e articolata.

Inoltre in seguito allo scavo stratigrafico dell'Acropoli di Lipari e quello di altre stazioni, appare finalmente colmata la grave lacuna che rendeva quasi impossibile una corretta cronologia relativa delle varie "culture", mentre l'aggancio alla cronologia dell'area egea e della Grecia continentale consente anche una cronologia assoluta di una precisione prima impensabile.

Questo inserimento della preistoria siciliana, attraverso una fitta e continua rete di significativi raffronti, nel quadro generale della preistoria dell'intero bacino del Mediterraneo, fà che la Sicilia ci appare anche per queste epoche remote come uno dei più importanti crocevia della storia, punto d'incontro e in certe epoche di scontro, delle grandi correnti culturali e di espansione provenienti da Oriente, da Occidente e anche dal Centro dell'Europa attraverso la penisola italiana, così come avverà anche dopo nella storia dell'Isola.


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Poliochni, città preistorica
nell'isola di Lemnos

  • L. Bernabò Brea - Poliochni, città preistorica nell'isola di Lemnos
    Monografie della Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni italiane in Oriente, volume I: testo e tavole, Roma, 1964.
  • L. Bernabò Brea - Poliochni, città preistorica nell'isola di Lemnos
    Monografie della Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni italiane in Oriente, volume II: testo e tavole, Roma 1976.

Poliochni città preistorica si trova sulla riva del mare, nella piccola baia di Vròskopo sulla costa Est dell'isola di Lemnos presso l'attuale Kaminia.
Scoperta dalla Scuola Archeologica italiana di Atene nel 1930, vi sono stati condotti scavi fino al 1936 dagli allievi sotto la direzione di A. Della Seta e poi nuovamente dal 1951.
Gli scavi hanno ormai posto in luce oltre metà della superficie della collina che costituisce un vero tell formato dalla sovrapposzione di resti archeologici per uno spessore di oltre nove metri, e hanno permesso di riconoscere i lineamenti della topografia urbana e il suo sviluppo attraverso tutta la prima Età del Bronzo, mentre gli strati più recenti (media e tarda Età del Bronzo) sono stati quasi completamente asportati dall'erosione.

Dal punto di vista culturale Poliochni è intimamente legata con Troia assai più che con Thermi di Mitilene. Ma, nelle fasi corrispondenti a Troia I e II, Poliochni è assai più vasta che la stessa Troia e non inferiore ad essa per civiltà e richezza.
Rientra dunque in quella precocissima Età del Bronzo anatolica, che sta probabilmente all'origine di tutta l'Età del Bronzo europea. Intrattiene anche contatti con il Cicladico e con l'Elladico della Grecia continentale.
Sorta in età alquanto più antica di Troia, come villaggio di capanne ovali (Poliochni I, nero) più volte ricostruito (gli scavi 1933 e 1956 hanno messo in luce ben sette strati di capanne), si trasforma molto presto in un vero centro urbano con case a mégaron, con una grandiosa cinta di mura inglobante ampi magazzini, forse pubblici granai (Poliochni II, azzurro = fasi iniziali di Troia I).
Mentre nel periodo I non è mai attestato il metallo, nel periodo II esso è già lavorato con tecniche complesse come quella a forma perduta.
Nelle ceramiche di impasto nero lucido, è tipica soprattutto la fruttiere ad alto piede tubolare.

E' possibile seguire l'evoluzione successiva sia attraverso le numerose ricostruzioni edilizie, sia attraverso i cambiamenti nei tipi delle ceramche determinati dall'intensificarsi dei rapporti con le Cicladi e col Protoelladico.
Durante Poliochni III, verde (= fasi medie di Troia I) e Poliochni IV, rosso (= fine Troia I e inizio Troia II) la città si estende con nuovi quartieri sul pendio occidentale della collina e costruisce una nuova cinta di mura.

A Poliochni IV finale appartiene un ripostiglio di bronzi trovato nelle rovine di una grande casa a mégaron e a molti ambienti comprendenti asce piatte e a cannone, lance, pugnali, punteruoli ecc.

Il volume II tratta della Poliochni V, gialla (= fase evoluta di Troia II) che è la meglio conosciuta, perché ad essa appartiene lo strato che forma ora la superficie di tutta la sommità della collina.
Essa presenta la successione di grandi case con mégaron centrale fiancheggiato da numerosi ambienti e prospettante verso Sud su un cortile lastricato, allineati al margine di una grande arteria principale che attraversa longitudinalmente in senso Nord-Sud tutta la città congiungendo fra loro due ampie piazze, ciascuna fornita di un pozzo pubblico e che, volgendo verso Ovest esce poi alla campagna.
I singoli isolati sono separati da stretti vicoli tortuosi.
Poliochni V è stata certo distrutta da un terremoto, forse lo stesso a cui si deve la distruzione di Troia II g.

Dallo stato di distruzione insieme a numerose ceramiche proviene un ricchissimo ripostiglio di oreficerie, rivenuto dall'Autore nel 1953. Si tratta di un tesoro inferiore solo al Grande Tesoro di Troia.
Nessuna traccia resta delle fasi corrispondenti a Troia III e IV, ma è stato ritrovato un piccolo lembo di deposito appartenente invece alla Troia V. Solo il riempimento di uno dei pozzi attesta la continuazione della vita fino alla soglia del Miceneo (XVI sec.a.C.).


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Il Castello di Lipari e
il Museo Archeologico Eoliano

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - Il Castello di Lipari e il Museo Archeologico Eoliano
    Palermo 1977, pp. 214.

Questo piccolo volume dà un quadro sintetico e preciso delle vicende delle quali l'arcipelago fu teatro dalla preistoria ad epoca recente; descrive la zona archeologica del Castello di Lipari, questa altura, naturalmente fortificata, abitata fin dal neolitico che ha restituito una stratigrafia importantissima soprattutto per le sequenze delle culture preistoriche; essa diventa un riferimento obbligatorio per tutta la preistoria del Mediterraneo occidentale.

La sequenza culturale dell'arcipelago è illustata nelle pagine dedicate al Museo, dai più antichi insediamenti del neolitico medio alla cultura Ausonia che si svolge attraverso l'Età del Bronzo tardo e finale.
La distruzione avvenuta intorno all'850 a.C. del villaggio dell'Ausonio II segna un periodo di abbandono dell'arcipelago che si protrae fino all'inizio del VI sec. a.C., quando viene fondata la colonia Cnidia di Lipàra.
Si passa poi alle testimonianze storiche e archeologiche della Lipari greca e romana attraverso la necropoli e la città romana della contrada Diana.

Di grande interesse sono le ceramiche del IV sec.a.C. e l'esistenza di due artigianati locali: le terracotte teatrali a partire della fine del IV sec.aC. e la ceramica policroma del Pittore di Lipari e dei suoi allievi (III sec. a.C.).
Due capitoli sono dedicati alla preistoria e protostoria di Milazzo, strettamente legata a quella eoliana, e all'archeologia sottomarina particolarmente ricca di testimonianze fin da età molto antica della cultura di Capo Graziano (bronzo antico).

Un'abbondante bibliografia, numerose tavole fuori testo completano questo libro che presenta agli studiosi una sintesi dell'archeologia eoliana.


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Maschere e Personaggi del teatro
greco nelle terracotte liparesi

  • L. Bernabò Brea - Maschere e Personaggi del teatro greco nelle terracotte liparesi
    Roma 2001. Con la collaborazione di M. Cavalier.

Si tratta di un eccezionale complesso fittile costituito da statuette e maschere rinvenute in buona parte nei corredi tombali, ma anche nei depositi votivi della necropoli greca di Lipari nel corso degli scavi condotti in un cinquentennio di attività.
Furono messi in luce più di un migliaio di reperti di questo genere, attribuibili ad un periodo compreso tra la fine del V e la metà del III secolo a.C., con una concentrazione particolare nel IV secolo, quando a Lipari furono particolarmente fiorenti botteghe artigianali di alto livello, dedite alla produzione di vasi figurati e di terracotte.

Questa interessante serie di oggetti, riproducenti attori o maschere miniaturistiche, permette di avvicinarsi al mondo teatrale antico, gettando luce sui costumi scenici e sui caratteri del teatro dall'epoca dei grandi tragici alla commedia nuova di Menandro.
In relazione all'introduzione nel mondo greco di tre tipi di spettacolo, la tragedia,il dramma satiresco e la comedia, la maschera teatrale si sviluppò, dando luogo a diversi tipi, ben esemplificati nelle terracotte di Lipari.

Pochissimo si conosce dello svilupo della maschera usata nelle rappresentazioni delle tragedie dall'epoca di Eschilo ad Euripide, cosi come finora scarsissimi sono i documenti contemporanei sul costume scenico di questa età. Di grande interesse è perciò un frammenti di stauetta liparese datata dell'ultimo quarto del V sec. a.C.
Conosciamo bene invece i personaggi ben noti delle tragedie di Sofocle ed Euripide e altre invece che appartengono a tragedie perdute di cui conosciamo però l'argomento.
Le maschere originali, a cui i modellini di Lipari si rifanno, dovevano riprodurre i tipi ideati dagli stessi tragediografi, che si sono tramandati nel corso del tempo mantenendone inalterati i caratteri fondamentali.
Più difficile è individuare i personaggi rappresentati dalle maschere della commedia antica,tranne il caso di commedie a carattere mitologico in cui sono messi in caricatura eroi e divinità.
Poiché della commedia che si sviluppò tra l'età di Aristofane e quella di Menandro e cioè la commedia di mezzo, non ci è pervenuto nessun testo, è prezioso un gruppo di statuette comiche liparesi databili nella seconda metà del IV sec. a.C., che segnano il trapasso dalla tradizione aristofanesca alla commedia nuova.

Accanto ai personaggi maschili in costume fallico con grosso ventre e glutei prominenti, vanno facendosi strada figure di schiavi ed etere, dai caratteri meno buffoneschi, che dominano la commedia più tarda.
Le maschere della commedia nuova, di Menandro, appartengono alla commedia che ormai potremmo definire borghese.
Le maschere teatrali subiscono una standardizzazione tipologica, riducendosi ad alcuni tipi fondamentali ben caratterizzati e differenziati tra loro, che rimaranno in uso fino all'epoca romana.
I modellini fittili di Lipari presentano una quarantina di tipi diversi, in cui è possibile riconoscere i vari personaggi descritti nel catalogo di Polluce (II sec. d.C) dal vecchio bonario al soldato vanaglorioso, dalla bella etera al perfido lenone, dal servo irascibile alla vecchia nutrice.

Nel volume pubblicato nel 2001 è stato presentata la vasta documentazione raccolta negli scavi effettuati dal 1978 in poi, scavi che hanno permesso di giungere ad una datazione precise tramite le associazioni dei corredi funerari. Si è potuto allora delineare meglio una evoluzione nella produzione coroplastica delle botteghe di Lipari

Una mostra intitolata "Da Eschilo a Menandro. Due secoli di teatro greco attraverso i reperti archeologici liparesi" è stata aperta a Lipari, nella chiesa di Santa Marina delle Grazie nell'agosto-ottobre 1987 grazie all'Assessorato ai Beni Culturali della Sicilia.
Si è voluto fare avvicinare il pubblico al teatro, non attraverso la lettura dei testi tragici e comici greci, ma grazie alle testimonianze materiali offerte da un ricco complesso coroplastico proveniente dalla necropoli di età classica ed ellenistica di Lipari.


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La ceramica figurata della
Sicilia e della Magna Grecia
nella Lipàra del IV sec. a.C.

  • L. Bernabò Brea - Maschere e Personaggi del teatro greco nelle terracotte liparesi
    Muggiò Milano, 1997, pp. 1-189, figg. 1-218. (con riassunto in inglese)

Rappresenta l'intera complesso delle ceramiche figurate del IV sec. a C. venuto in luce negli scavi della necropoli greca di Lipari (1948 ad oggi), nonché delle analoghe ceramiche provenienti da precedenti scavi eseguiti a Lipari nel XIX secolo, conservate nei musei di Cefalù e di Glasgow.
Si tratta cioè della quasi totalità del materiale rinvenuto nella necropoli dell'antica città giunta pressochè intatta; sfuggita al saccheggio e alla devastazione a cui tutte le necropoli greche della Sicilia e della Magna Grecia sono state soggetto da secoli.
Ciò è dovuto a un singolare fenomeno geologico di apporto eolico, che ha determinato al di sopra di esso quel rilevante interramento da cui è rimasta finora protetta.

Questi scavi hanno portato alla scoperta di una grande quantità di pezzi che sono già di per se stessi di rilevante importanza storico artistica. Ma hanno soprattutto permesso di fare una lunga serie di osservazioni relative all'organizzazione della necropoli: al suo progressivo sviluppo, ai riti funebri e alle consuetudini funerarie, ai tipi tombali e alla loro evoluzione nel tempo, anche in rapporto alle condizioni socio-economiche della città nei diversi periodi e in rapporto alle idee religiose e alle credenze altremondane che venivano diffondendosi nel mondo greco di Occidente.

Il volume dedicato a A. D. Trendall segue fedelmente le sue classificazioni e le sue attribuzioni a singoli pittori o a gruppi stilistici.
Le classificazioni proposte dal Trendall costituiscono dunque la base di qualunque ricerca succesiva, ed anche del lavoro presentato. Tuttavia, le associazioni dei materiali nei corredi tombali o anche nelle numerose fosse votive rinvenute nell'area della necropoli, suggeriscono talvolta cronologie diverse. Ciò si dica per il periodo di attività dei maestri campani, quali il Pittore Mad Man e il Pittore NYN che appaiono appartenere non alla prima ma alla seconda metà del IV sec a C..


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La ceramica policroma liparese
di età ellenistica

  • L. Bernabò Brea, M. Cavalier - La ceramica policroma liparese di età ellenistica
    Muggiò Milano, 1986, pp. 1-111, figg. 1-109.

Questa monografia ci propone di tracciare l'evoluzione della ceramica figurata prodotta a Lipari fra l'inizio dell'età ellenisticoa e la terribile distruzione del 252.251 a. C., distruzione che, con le inumane stragi di cui fa cenno Paolo Orosio, segna la fine di tutte le tradizionali attività artigiane della città.
Non si può escludere che una produzione di ceramiche figurate abbia avuto inizio a Lipari anche precedentemente fin dalla metà del IV sec. a.C. o prima ancora, ma solo l'artigianato locale del Pittore di Cefalù, negli ultimi decenni del IV sec.a.C. ci appare ben documentato.

In realtà questo maestro, pur risentendo fortemente l'apporto del nuovo stile decorativo, e cioè dello "stile di Gnathia", che allora si sviluppa, lavora ancora nella tecnica a "figure rosse". Ma sempre più chiaramente egli ci appare come l'iniziatore di quella scuola locale di ceramografi che, nella generazione successiva, col Pittore di Lipari, introdurra la piena policromia nella decorazione vascolare.
Questo arigianato locale fiorisce in un età nella quale ormai la produzione di ceramiche figurate era cessata o era almeno in via di estinguersi nella massima parte degli altri centri della Sicilia e della Magna Grecia.

Qualche data abbastanza precisa per lo sviluppo della ceramica policroma nella prima metà del III sec. a.C. la offre Menandro con le maschere delle sue commedie e ancor più con il suo stesso ritratto, di cui abbiamo numerosi esemplari fittili associati in fose votive o in discariche di ustrini, con frammenti vascolari dipinti.
Per merito del Pittore di Lipari e della sua scuola, Lipari ci apparirebbe oggi come il massimo centro artigianale della ceramica policroma nella prima metà del III sec. forse il centro ove questa tecnica sarebbe stata creata e perfezionata.


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Menandro e il teatro greco
nelle terracotte liparesi

  • L. Bernabò Brea - Menandro e il teatro greco nelle terracotte liparesi
    Genova, 1981, pp.1-340, figg. 1-475.

Ce magnifique volume essentiel pour les études sur le théâtre antique, est passé inaperçu du fait sans doute de sa diffusion restreinte. Pourtant depuis la publication de A. D. Trendall e T.B.L. Webster, Illustrations of Greek Drama (Londres 1972), c'est certainement l'ouvrage le plus riche et le plus nouveau sur le sujet. L'auteur qui, avec Madeleine Cavalier, travaille depuis plus de trente ans aux fouilles de Lipari et à leur mise en valeur (création d'un musée, publications ect.) nous donne ici la somme de la contribution liparese à l'histoire du théâtre grec. En attendant d'avoir résolu le mystère des raisons et des modalités d'une présence si vivante du théâtre à Lipari au IVème siècle av. J.C., l'auteur présente un ensemble de documents absolument unique par leur nombre et leur qualité. Contrairement à ce que peut faire penser le titre, il ne s'agit pas seulement du théâtre de Ménandre, mais de tout le répertoire classique qui semble avoir été joué et illustré à Lipari autant qu'à Athènes même.

La tragédie grecque est présente d'abord dans une série de vases peints qui ont permis, comme pour les autres genres, de préciser les identifications des masques de terre cuite (voir notamment l'appendice III). Les tragédies nouvelles du IVème siècle dont nous n'avons conservé que des fragments sont difficiles à identifier. En revanche, comme nous le savons par les inscriptions, les drames d'Euripide et ceux de Sophocle furent très souvent repris au IVème siècle non seulement à Athènes, mais dans d'autres régions du monde grec et notamment à Lipari. L. Bernabò Brea a pu donner à plusieurs de leurs héros tragiques les traits précis de masques trouvés à Lipari (cf. P. 313, Philoctète, Pâris ; ect.).

Le drame satyrique est également bien représenté. Mais c'est la comédie qui, sans conteste, est le mieux illustrée. Celle-ci était proche d'une forme de théâtre populaire en Italie Méridionale, la comédie phlyaque. Toutefois se sont les types de la comédie ancienne de type aristophanesque que L. Bernabò Brea identifie dans une série remarquable de masques et de statuettes.
La comédie nouvelle, cependant, comme on pouvait le présumer, représente la majorité des documents, masques et terres-cuites.

L'auteur a pu reconstituer la série cataloguée par Pollux dans son Onomasticon. Mais tous ces documents sont antérieurs à 251-250, date de la destruction de l'île par les Romains. Par ailleurs la présence de masques portraits de Ménandre dans cette série démontre la part que prit l'auteur à la création de ces nouveaux types de masques que l'on croyait avoir été fixés beaucoup plus tard. L'originalité des masques de Lipari concernant la nea vient de leur nombre illustrant en plusieurs exemplaires les mêmes types, de leur qualité technique, de leur riche polychromie. La présence de variantes au sein d'une même série rèvèle qu'il s'agit bien d'un art en pleine création qui n'est pas figé comme il le sera par la suite, par exemple sur les mosaïques de Mytilène du IIIème siècle de notre ère.
Les questions que l'on peut se poser devant cet ensemble de documents sont loin d'avoir trouvé leurs réponses. Il est curieux par exemple que l'on ait pas encore retrouvé les restes d'un grand édifice théâtral. On pourra s'étonner peut être des identifications faites par l'auteur concernant notamment les masques de la tragédie. La clientèle aisée de Lipari n'hésitait pas à faire venir de Grèce ou d'Italie Méridionale des vases de prix. Mais la majeure partie des pièces présentées, notamment pour les terres-cuites, semblent sortir d'un atelier local.

La diffusion du théâtre dans le monde grec est un fait bien connu. Mais la présence si obsédante du théâtre à Lipari à de quoi surprendre. Il semble qu'ici, plus qu'ailleurs, la passion du théâtre ait été liée à des raisons d'ordre religieux et funéraire puisque presque tous les objets ont été découverts dans des tombes.

Les masques de Lipari n'ont sans doute pas encore livré tous leurs mystères. Les spécialistes du théâtre antique ont donc avec le présent ouvrage un document de premier ordre. Mais l'amateur éclairé, curieux des masques ou simplement « antiquaire » se réjouira de l'avoir dans sa bibliothèque.

Paulette GHIRON-BISTAGNE Transe et Théâtre, Cahiers du Groupe interdisciplinaire du théâtre antique, Uiversité P. Valéry, Montpellier, n°4, 1988.


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Gli scavi nella caverna delle
Arene Candide: Gli strati
con ceramiche

  • L. Bernabò Brea - Gli scavi nella caverna delle Arene Candide: Gli strati con ceramiche
    Bordiguera, 1946, pp 364, tavv. LXVIII.

Arene Candide has long been famous in archaeological literature owing to the rich finds made there by Issel and other paleontologists - notably the Englishmen Brooke and Wall between 1864 and 1895. Happily their operations, which though very productive of relics fell short of modern technical standards, have left substantial portions of the archaeological deposit still undisturbed. By careful stratigraphical excavations between 1940 and 1942 Dr. Brea, in company with Prof. Cardini, was able to establish a reliable culture sequence for the first time in the Apennine Peninsula. The deposit described in this volume was 2.70 to 3.6o m deep, and, below stratum 1 (.70 to .90 m. thick), which was full of bits of rock fallen from walls and roof, consisted of white limestone dust, free from natural stones, but interrupted by thin veins blackened by organic matter. The observation of these occupation layers, which ran continuously across the whole section, originally a shaft 8.10 x 6.20 m., enabled the excavators to distinguish 28 layers above the more stony layer, where pottery first appeared.

No strictly sterile layer separated the several strata, but some yielded far more relics than others. Brea ingeniously illustrated this point by giving the weights of sherds from each layer. The numbers of kilos fall progressively from 16,800 m. in layer 1 to 550 m. in layer 8 then rise to 8,300 m. in layer 12, fall thereafter to 1,100 m. in layer 14, only to rise again to 32,300 m. in layer 21. Below this there is a rapid, but not quite continuous decline to 400 m. in layer 29. This tabulation justifies the author's division of the sequence into six main cultural periods, which is based on changes in pottery and other relics. Layer 1 yielded Roman and Byzantine sherds mixed with the splinters of rock and is assigned to the Roman period.

Layer 2 though Roman sherds were still found, contained chiefly hand-made pottery of the pre-Roman Iron Age. Strata 3-8 form a series assigned to the Bonze Age on the strenght of agreements in the pottery (mostly in sherds from the old unscientific excavations) with that from terremare and lake-dwellings of the Polada group. Surprising in this context is a segment from a rotary quern found in situ in stratum 3 and an axe-handle (ansa ad ascia) from layer 7.

A smilar handle came from layer 9. In Aude, Helena assigns such handles to his énéolithique III. Apart from this object the series 9-13 (culminating in 12) yielded plain round-bottomed pots of what is called in Italy the Lagozza type with pan-pipe lugs. It agrees in a general way with the plain Western pottery familiar from Cortaillod, Windmill Hill, etc. But Brea, though he found no examples in his own excavation, assigns to the same horizon some flat-bottomed pots, which in Switzerland would be more at home in the later Horgen culture, two cranial amulets, likewise found before his excavations and the winged beads from Tana Bertrand. A priori the Lagozza culture in Liguria ought to be later than Cortaillod, but these unstratified objects do not prove it.

Below come the rich layers, 14-24, characterized best by the curious square-mouthed vases long known from the site. In them were found also socketed ladles, clay pintaderas (of the Italian form much narrower than the Danubian, Balkan and Anatolian clay stamps), clay figurines and bracelets of Spondylus shell, all reflecting some sort of "Danubian influence". But, when decorated the pottery is now "engraved" -scratched after firing- a device familiar on the one hand in South Italy, Sicily, Malta and Sardinia and on the other in the South of France and at the Camp de Chassey, where it is associated with the local analogues of Lagozza pottery.

But one such vase bears a spiral engraved and perhaps combined with excision in Rellini's "Apennine" style (Rellini regarded the latter as Bronze Age and subsequent finds suggest a quite late phase at that !). Finally, from layer 20 came a single sherd with a stripe of white paint on the usual brownish clay ground. It may be a local product, but the neighbouring Caverna dell' Acqua produced a painted sherd certainly imported from the Ripoli region on the Adriatic side of the Apennines. To the same horizon belonged six stone cists containing contracted skeletons and mostly dug down from layer 24 into the underlying deposit. Already in layer 21 the excavators began to encounter sherds of rather rough pattern, incised or stamped with a shell-edge before firing or decorated with applied cordons. This "impressed ware" is alone found below 24- but one vase thus decorated from 24 was square-mouthed. It characterizes the oldest neolithic culture of Liguria as of Apulia and Sicily.

The round-bottomed Ligurian shapes appear, however, less sophisticated than those of South Italy (which are often flat-bottomed) and seem to agree better with the cardial ware of the Iberian Peninsula and Marocco. Brea discusses the distribution of such impressed ware exhaustively. It must have reached the Ligurian coast from the south. Significantly obsidian too appear first in the earliest neolithic levels though it was imported in all subsequent periods and was presumably derived from Sardinia or the Lipari Islands. Having described the relics level by level in the order adopted in this review in part II, the author discusses in part III the material from the major groups invoking also relics derived from earlier excavations and other Ligurian caves.

Part IV finally deals with the place of Arene Candide in the general scheme of Italian and European prehistory and concludes with a chronological table. The reviewer has drawn on all four parts but the conclusion. In the table the lowest levels are equated with E.M. 1-11, Sesklo and Vinca I and put before Early Elladic or Danubian I. Absolutely layers 3 to 28 would represent nearly 2000 years. But in historical times Liguria was a barbaric backwater. Should we not allow for a comparable retardation in prehistoric times too?. Be that as it may, the excavations conducted with such scientific precision and published which such commendable promptitude and completeness provide the fullest and most reliable culture-sequence yet available in the Western Mediterranean and thus provide a standard even for regions outside Italy. The second part will be eagerly awaited for it will describe equally important mesolithic and palaeolithic deposits including rich burials of both periods.

V. Gordon Childe, Proceedings of the Prehistoric Society, 1949.


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Bellezza ed eleganza
femminile nella Lipari greca
ed ellenistica

  • L. Bernabò Brea con M. Cavalier - Bellezza ed eleganza femminile nella Lipari greca ed ellenistica
    Roma, 2005, pp 129, ed. ATON

I gioielli ritrovati nelle tombe della necropoli di contrada Diana, a Lipari, confermano l’importanza dell’arte dell’oreficeria che ha contribuito alla bellezza femminile di questa età.

"Scorrendo le pagine di questo volume passiamo attraverso le principali classi, formali e funzionali della produzione orafa del periodo ellenistico, della metà del IV sec. a.C. fino a quello del I sec. a.C.

Con l’aiuto delle raffigurazioni di donne, sia nelle pitture sui vasi a figure rosse sia in statuette di terracotta, anelli, orecchini, collane non restano più "oggetti da Museo", ben ordinati in vetrine, ma riacquistano la loro originaria posizione nel complesso dell’acconciatura femminile di quella epoca lontana.

I corredi di utensili destinati alla cosmesi, dagli specchi ai contenitori di balsami, permettono, dal canto loro, di ricostruire nella nostra immaginazione il procedere della vestizione fino a che questa raggiungeva la propria completezza, testimoniata dalle raffigurazioni cui appena sopra si accennava.

Abbiamo cosi di fronte agli occhi della nostra mente donne antiche reali nella loro interezza: non segmenti di esse, il cui reciproco collegamento solamente gli specialisti pretendono di essere in grado di ricomporre.

E queste sono donne che si abbigliavano per partecipare con ogni possibile solennità, sfoggiando vesti preziose e raffinati gioielli, mettente a profitto la sapiente arte della cosmesi e dell’acconciatura delle chiome, alle cerimonie che scandivano le fasi principali della loro vita. Cerimonie tutte, dalle nozze a quelle religiose, che assumevano un significato sociale: in quanto l’intera comunità vi partecipava, ed ogni cittadino, uomo o donne che fosse, vi si impegnava al massimo delle rispettive possibilità. In quanto lo splendore e l’eleganza del singolo, contribuivano a rappresentare il benessere e la potenza complessiva della comunità della quale erano parte. E pure in questo forte spirito comunitario non si sopiva l’attenzione a primeggiare sugli altri anche sfoggiando vesti più preziose, gioielli più raffinati, acconciature più sofisticate di quanto altri sfoggiassero.

P.G. GUZZO
Soprintendente Archeologo di Pompei


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I luoghi dell'attività

Liguria

Sicilia

Isole Eolie

Grecia

La Caverna delle
Arene Candide (SV)

Luigi Bernabò Brea con la moglie Chiara Chighizola e Ginetta Chiappella davanti alla Caverna delle Arene Candide, 1942

La caverna delle Arene Candide si apre nel fianco meridionale del Monte Caprazoppa, che avanzandosi dalla catena litoranea  verso il mare forma un piccolo promontorio fra Finale Marina e Borgio. La caverna, che è la più ampia delle tante sui monti del Finalese, costituisce una specie di loggiato naturale prospettante verso mezzogiorno con tre grandi finestre aperte sul suo lato lungo, dalle quali lo sguardo spazia sul mare. Si presenta oggi come una grande cavità allungata in senso Est-Ovest, parallela alla fronte della sbalza rocciosa in cui si apre.

Chiara, calda, ariosa, sufficientemente asciutta e ben riparata dai venti di tramontana, doveva offrire condizioni ideali per l'insediamento.

La scoperta paletnologica e le prime esplorazioni scientifiche furono merito di Arturo Issel a partire dal 1864. Considerando la lunga attività di scavi svoltasi nella caverna era da temere che ben poco del deposito preistorico rimanesse in posto. Tuttavia Luigi Bernabò Brea fin dalla sua prima esplorazione nel 1940 costatò che lembi in posto si conservavano ancora in vari punti; vi avviò allora una serie di campagne di scavo, condotte in collaborazione con Luigi Cardini dell'Istituto di Paleontologia Umana (Bernabò Brea 1946).

La Caverna delle Arene Candide. La stratigrafia visibile nella trincea dello scavo durante la prima campagna, 1942

La stratigrafia del deposito con ceramiche raggiungeva lo spessore di m. 2,70 e in esso si susseguivano dal basso verso l'alto le testimonianze del Neolitico antico, del Neolitico medio, del Neolitico recente, poche tracce dell’età del Rame, del Bronzo e del Ferro. Ha restituito quindi una delle sequenze archeologiche più importanti per la preistoria del Mediterraneo occidentale (Childe 1949; Pittioni 1957; Barfield 2002; Maggi 2004).

L'esplorazione degli strati mesolitici fu condotta da Luigi Cardini durante varie campagne di scavo a partire dal 1941 e fino al 1970. Al di sotto degli strati mesolitici si è riconosciuta l'esistenza di un deposito pleistocenico, di cui si sono messi in luce 5 focolari e la tomba di un giovane individuo con ricco corredo funebre del Paleolitico superiore. Lo scavo si è arrestato, avendo incontrato grandi massi difficilmente rimovibili, alla profondità di m. 8,50.

Fra il 1948 e il 1950 vennero compiute 4 nuove campagne di scavi (V-VIII) le quali, salvo la VII rivolta in gran parte all'esplorazione degli strati mesolitici, interessarono soprattutto il deposito a ceramiche, che fu scavato su quasi tutta l'area della camera orientale(Bernabò Brea 1956).

Arene Candide. La sezione stratigrafica messa in luce dallo scavo 1948-50

Tra il 1972 e il 1977 gli scavi negli strati neolitici furono ripresi da Santo Tinè (Università di Genova; Tinè, a cura di, 1999) e poi tra il 1997 e il 2012 da Roberto Maggi (Soprintendenza Archeologica della Liguria; Maggi et alii 2023). Nel frattempo, è stato completato lo studio del materiale litico e faunistico integralmente raccolto negli scavi Bernabò Brea ed avviato, grazie alla quantità di carbone conservato, il programma di datazioni radiometriche (Maggi, a cura di, 1997).

I materiali delle Arene Candide sono esposti nel Museo di Archeologia Ligure a Genova-Pegli e nel Museo Archeologico di Finale Ligure (SV).

La caverna è oggi visitabile (www.museoarcheologicodelfinale.it).

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, Gli scavi nella caverna delle Arene Candide, Parte I. Gli strati con ceramiche, Bordighera 1946, pp. 1-364.
  • V.G. Childe, Review of L. Bernabò Brea - Gli scavi nella caverna delle Arene Candide: Gli strati con ceramiche, 1946, in Proceedings of the Prehistoric Society, 1949.
  • L. Bernabò Brea, Gli scavi nella caverna delle Arene Candide, Parte prima. Gli strati con ceramica, Vol. 2: Campagne di scavo 1948-50, Bordighera 1956, pp. 1-296.
  • R. Pittioni, Review of Bernabò Brea Gli scavi nella caverna delle Arene Candide vol II, 1956, Archaeologia Austriaca 1957, p. 104.
  • A. Bietti, The Upper Pleistocene deposit of the Arene Candide Cave (Savona, Italy) new studies on the 1940-42 excavations, Quaternaria Nova IV, Roma 1994.
  • R. Maggi, Arene Candide: A functional and Environmental assessment of the Holocene sequence (Excavations Bernabò Brea - Cardini 1940-1950), in Memorie dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, Nuova serie, Roma 1997, pp.1-643.
  • S. Tinè (a cura di), Il Neolitico nella caverna delle Arene Candide (scavi 1972-1977), Bordighera, 1999.
  • L.H. Barfield, The contribution of L. Bernabò Brea to North Italian Neolithic and considerations on the problems of establishing a chronology, in M. Cavalier, M. Bernabò Brea, In memoria di Luigi Bernabò Brea, Palermo, 2002, pp. 13-26.
  • R. Maggi, Lo scavo di Luigi Bernabò Brea nella caverna delle Arene Candide nel contesto storico degli studi di Preistoria in Italia, in P. Pelagatti G. Spadea, a cura di, Dalle Arene Candide a Lipari. Scritti in onore di Luigi Bernabò Brea. Atti del Convegno di Genova 3-5 Febbraio 2001, in Bollettino d'Arte, volume speciale, 2004, pp.167-176.
  • R. Maggi, L. Drieu, E. Bourgevin, A. Mazury, G. Boschian, V.S. Sparacello, Caverna delle Arene Candide. Scavi 1997-2012. Appunti sul Neolitico, in Preistoria e Protostoria della Liguria, Rivista di Scienze Preistoriche, LXXIII S3, 2023, pp. 419-466.
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Akrai

Il teatro di Akrai visto dall'alto

Dell'antica Akrai, colonia di Siracusa fondata nel 664 a.C., sopravvissuta fino all'età araba e poi sostituita dalla medievale Palazzolo, restano cospicui monumenti, esplorati nel XIX secolo da Gabriele Iudica. Luigi Bernabò Brea vi ha condotto importanti scavi a partire dal 1950 e soprattutto dal 1963, quando furono messe in luce le linee fondamentali dell'impianto urbano della città.

Il piccolo teatro, certo non posteriore a Ierone II (III sec. a.C.), presenta significative regolarità planimetriche. L'orchestra infatti aveva la forma di un semicerchio perfetto. Semicircolare, anziché a ferro di cavallo, veniva a risultare quindi anche la cavea appoggiata alla collina e divisa in nove cunei da otto scalette. La scena doveva avere un palcoscenico (logeion) con fronte a colonne o pilastri. Il teatro subì rimaneggiamenti in età romana, quando fu fatta l'attuale pavimentazione dell'orchestra e quando il palcoscenico (pulpitum) fu avanzato entro l'orchestra stessa.

Aderente al teatro è il bouleuterion, sede del senato cittadino, che doveva prospettare sull'agorà, centro della vita civile e politica della città. Sulla collina sovrastante sorgeva il tempio di Afrodite, la principale divinità acrense.

Il teatro di Akrai - Particolare dell'orchestra e della scena

Su uno dei contrafforti che si diramano dal colle di Acre verso Est è il santuario rupestre di Cibele, dea asiatica il cui culto fu probabilmente introdotto in Sicilia da Dionigi II, che durante l'esilio a Corinto ne divenne sacerdote.

Numerose immagini della dea, quasi sempre seduta, con due leoni ai piedi, con patera in una mano e timpano nell'altra, sono scolpite nella viva roccia.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, con la collaborazione di G. Pugliese Carratelli e C. Laviosa. Akrai, Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, Serie III, Catania 1956, pp. 1-187.
  • L. Bernabò Brea, Il tempio di Afrodite di Akrai, in Cahiers du Centre Jean Bérard, X. Napoli 1986, pp. 1-87.
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Longane

Si tratta di un importante sito siculo, fiorito in età arcaica e scomparso forse nel V sec. a.C., il che spiega la mancanza di dati storici al riguardo. Scoperto grazie anche all'attività dell'Ispettore onorario D. Ryolo, fu indagato da Bernabò Brea attraverso estesi scavi, diretti da G.F. Carrettoni.

L'abitato non era fortificato, lo erano invece le due acropoli, di cui quella a Sud conserva i resti di un fortilizio costruito in tecnica megalitica. Più ampia era l'acropoli Nord (M. Ciappa m.442), circondata da un aggere di pietra a secco da cui aggettavano torri quadrangolari o porte-torri, aventi almeno gli spigoli in blocchi squadrati.

Sul sito della città esisteva un abitato dell'età del Bronzo, mentre presso Rodì, sul fianco opposto della valle, si estendeva una necropoli di tombe a grotticella artificiale dell'età del Ferro (VIII-VII sec. a C).

Bibliogafia:
  • D. Ryolo Di Maria, Il Longano e la sua battaglia, in Archivio Storico Siciliano, Palermo 1950.
  • L. Bernabò Brea, La necropoli di Longane, in Bullettino di Paletnologia Italiana, N.S. XVIII, vol.76, 1967, pp.181-254
  • L. Bernabò Brea, Longane, (con appendice di G.F.Carrettoni), in Quaderni di Archeologia, Università di Messina I,1,2000, pp. 7-57.
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Mylai (Milazzo)

Domenico Ryolo e Madeleine Cavalier sullo scavo della necropoli dell'Istmo di Milazzo nel 1950

Il convergere di una serie di fattori geografici particolarmente favorevoli fecero di Milazzo, nell'antichità, uno dei siti più idonei all'insediamento umano.

L'Acropoli di Milazzo è ora dominata dal Castello di età sveva e aragonese e circondata dalle possenti fortificazioni del XVI-XVII secolo che hanno fatto della città uno dei caposaldi militari per assicurare alla Spagna il dominio della Sicilia; è stata sede di importanti insediamenti almeno a partire dell'età del bronzo.

Nell'età della colonizzazione greca Mylai sorse non come polis autonoma, ma come fortezza dello stato di Zankle-Messana, che con essa si assicurava il possesso della ricca piana agricola e del porto. La sua fondazione è posta al 716 a.C.

Particolarmente importanti per ricostruire le complesse vicende del popolamento di Milazzo sono state le indagini effettuate da L. Bernabò Brea e da M. Cavalier nelle necropoli, che hanno dimostrato che Milazzo appare strettamente legata alle Isole Eolie sia dal punto di vista culturale che da quello storico.

Nell'area dell'istmo si trova la necropoli greca dell'istmo, che si è venuta a sovrapporre alla più antica necropoli protovillanoviana.

All'età del Milazzese (Bronzo medio) appartiene la vasta e ricca necropoli del Predio Caravello in contrada Sottocastello, a Nord della Rocca. Alcuni vasetti dello stile di Capo Graziano, resti di tombe sconvolte da inumazioni più tardive, rinvenute intorno alla Piazza Roma, dimostrano che essa doveva già essersi formata nel corso del XVI o XV secolo a.C.

Sporadiche testimonianze dell'Ausonio I (1260-1125 a.C.) sono state invece trovate nel Borgo sul pendio orientale del Castello.

Le indagini condotte recentemente dalla Soprintendenza per i BB CC di Messina (G.Tigano) hanno riguardato, oltre alla necropoli dell'Istmo, anche l'abitato dell'età del bronzo.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Mylai, Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, Serie III, Monografie archeologiche della Sicilia-II, Novara 1959, pp. 1-136.
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Pantalica (SR)

L'anaktoron di Pantalica

Il più appariscente fra i centri fioriti in Sicilia sul finire dell'età del bronzo e durante la prima età del ferro è Pantalica, ad una ventina di chilometri nel retroterra di Siracusa. L'esplorazione archeologica di Pantalica è dovuta principalmente a Paolo Orsi (1889-1897); Luigi Bernabò Brea negli anni tra il 1957 e il 1971 vi condusse indagini soprattutto nell'area dell'anaktoron.

Il sito indigeno di Pantalica si può forse identificare con l'antica Hybla, il cui re Hyblon permise ai Megaresi di Lamis di fondare la greca Megara Hyblaea in un lembo del suo territorio. L'abitato occupava un dosso roccioso isolato, circondato tutto intorno da altissimi dirupi, per molti tratti inaccessibili, che precipitano verso il fiume Anapo e il suo affluente Calcinara. Solo la stretta sella di Filiporto lo congiunge al retrostante altipiano. Era quindi una vera fortezza naturale.

Al centro del pianoro sorgeva, isolato, il palazzo principesco in struttura megalitica (anaktoron), che ricorda in piccolo i palazzi micenei e che reca inoltre le tracce di una riutilizzazione in età bizantina. L'edificio, scavato da Orsi che vi rinvenne anche i resti di una fonderia, fu oggetto di un significativo studio di Bernabò Brea.

Sulle balze rocciose che circondavano la città si addensano innumerevoli tombe a grotticella artificiale, che Orsi quantificava in 5000 circa e che si datano tra il XIII e il VII sec. a.C.

Da esse prende nome l'articolazione delle culture della Sicilia orientale tra la tarda età del Bronzo e la prima età del Ferro, operata da L. Bernabò Brea sulla scorta della periodizzazione dell'Orsi.

Bibliografia:
  • P. Orsi, Pantalica e Cassibile, in Monumenti Antichi dei Lincei, IX, 1899. col. 34 e segg.
  • L. Bernabò Brea, Pantalica. Ricerche intorno all'anáktoron in Cahiers du Centre Jean Bérard, XIV, Centre Jean Bérard - Istituto Studi Acrensi, Naples- Palazzolo Acreide, 1990, pp. 1-110.
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Il teatro di Siracusa

Il teatro greco di Siracusa

Il teatro di Siracusa, che riveste una eccezionale importanza nella storia del teatro antico, è scolpito nel calcare del colle Temenite e fronteggia con la cavea il Porto Grande.

Della sua esistenza si hanno notizie fino dagli inizi del V sec. a.C. Se ne conosce anche l'architetto, Democopos, detto Myrilla per avere fatto distribuire profumi (myroi) il giorno dell'inaugurazione. Era il teatro in cui si presentavano le tragedie di Eschilo e le commedie di Epicarmo, ma in cui si tenevano anche i comizi popolari e si trattavano gli affari cittadini dinanzi alla cittadinanza riunita.

Il teatro subì nel tempo varie modifiche, fino ad essere trasformato in età imperiale romana.

Lo studio che su di esso condusse Luigi Bernabò Brea ha inteso precisarne cronologia, caratteristiche architettoniche e fasi costruttive.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, Studi sul teatro greco di Siracusa, in "Palladio" Anno XVII, n. I-IV – Gennaio Dicembre 1967, pp.97-154.
  • C. Voza, Guida di Siracusa, Siracusa 1994, pp.193-200.
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Siracusa.
La zona monumentale
della Neapolis

Una veduta dela zona monumentale di Siracusa

La grande espansione urbana di Siracusa, fortemente intensificata negli anni cinquanta, ebbe come conseguenza che la zona monumentale della Neapolis, che fino a pochi decenni addietro si trovava in una idilliaca pace campestre suburbana, venisse a trovarsi nell'immediata periferia della città moderna, che con le sue costruzioni sempre avanzanti veniva ad investirla e addirittura ad oltrepassarla. Luigi Bernabò Brea si rese conto della necessità di inquadrare questa zona importantissima nell'urbanistica della città attuale e tra il '52 e il ‘55 intraprese una gigantesca e molto contrastata azione di tutela, che la salvaguardasse e consentisse di riunire in un unico "Parco della Neapolis" i singoli monumenti che la componevano: il teatro greco, il santuario di Apollo, l'ara di Jerone II, le Latomie del Paradiso, dell'Intagliatella, di Santa Venera e l'anfiteatro fino alla "tomba di Archimede". Quasi tutte le aree interposte fra i singoli monumenti sono state espropriate e i singoli monumenti, usciti dall'isolamento in cui si trovavano, sono stati congiunti fra loro da aree verdi, nelle quali sono stati eseguiti scavi sistematici che dimostravano in quale rapporto stavano fra loro i monumenti nell'antichità, restituendoli al complesso urbanistico di cui facevano parte.

Anche i successori di L. Bernabò Brea alla dirigenza della Soprintendenza hanno continuato ad impegnarsi energicamente per la conservazione e la fruizione del Parco, convinti dell'importante opera: "….. il Parco della Neapolis….. rappresenta il frutto di un'enorme sforzo di tutela, l'esito di una operazione che ha mantenuto in questi ultimi cinquant'anni connotati di prestigio non solo alla città, ma all'intera isola di Sicilia" (G. Voza 2002, p. 256).

Bibliografia:
  • G. Voza, L.Bernabò Brea soprintendente alle Antichità della Sicilia Orientale, in "In memoria di L. Bernabò Brea", a cura di M. Cavalier e M. Bernabò Brea, Palermo, 2002, pp.250-257.
  • G. Voza, Guida di Siracusa, Siracusa 1994.
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Tyndaris

Tindari. Un tratto della cinta muraria

La città greca di Tyndaris fu fondata da Dionigi di Siracusa intorno al 396 a.C. in un lembo del territorio dell'antica Abacaenum in formidabile posizione strategica, già sede di un abitato dell'età del bronzo (facies di Rodì-Tindari-Vallelunga); assoggettatasi a Roma dopo il 257, conobbe un florido sviluppo a cui si alternarono momenti di crisi, fino ad essere distrutta dagli Arabi nell' 836 d.C.

Esplorata e studiata già nel XVIII e nel XIX secolo, fu oggetto di indagini sistematiche e di impegnativi interventi di restauro dal dopoguerra agli anni '70, sotto la direzione di L. Bernabò Brea e di M. Cavalier e con la collaborazione di N. Lamboglia dell'Istituto di Studi Liguri.

LE MURA

Le mura, di cui si misero in luce tratti cospicui nel 1955-56 (F. Barreca, N. Lamboglia) costituiscono anche per la loro buona conservazione uno dei più imponenti complessi di fortificazioni della Sicilia greca. Attraversate da postierle, sono interrotte dai grandiosi apprestamenti difensivi della porta urbica principale, che si apriva al fondo di una tenaglia semicircolare, protetta da due grandi torri.

Il teatro

IL TEATRO

Sorto in età greca, probabilmente nel corso del IV sec. a.C., e ampiamente modificato in età imperiale, il teatro di Tindari è posto in posizione scenografica, con la cavea volta verso il mare. Fu oggetto di due impegnative campagne di restauro nel 1938 (G. Cultrera) e tra il '60 e il '66 (L. Bernabò Brea).

Il lato nord della "basilica" ricostruito negli anni '50

LA BASILICA

Il monumento noto tradizionalmente come "Ginnasio o Basilica" è in realtà un propileo monumentale della grande agorà che costituiva il centro della vita cittadina. Tutta la parete a valle della grande galleria, crollata prima dell'età bizantina, ma i cui i blocchi erano rimasti in regolare disposizione sul pendio, fu rialzata nel 1956, come anche la fronte del propileo verso il teatro, dei cui archi si poté ritrovare la maggior parte dei blocchi.

L'IMPIANTO URBANO

Fra il 1949 e il 1956 gli scavi fatti nell'area urbana hanno permesso di riconoscere le linee fondamentali dell'impianto, costituito da grandi strade paralleli (decumani) intersecate ortogonalmente da minori strade in ripido pendio (cardines).

L'insula IV. Veduta da Sud-Est

L'INSULA IV

Lo scavo dell'insula IV fu condotto negli anni 1950-1955 da D. Restagno e M. Cavalier (nota – portate prima di D. Restagno) . L'insula si adagia su un ripido pendio ed è composta da una serie di edifici distinti. Sulla terrazza più bassa, al livello del decumano inferiore, è una serie di sei tabernae. Sulla terrazza successiva si adagia una casa di abitazione dotata di un grande cortile-peristilio quadrato con giardinetto mediano e cisterna sul quale si apriva il tablinum. La parte più alta dell'insula, infine, era occupata da un unico edificio termale con bella pavimentazione a mosaico , che si estendeva su due terrazze consecutive poste in lieve dislivello.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, Tindari (Messina) Restauro di un tratto delle mura greche, in Bollettino d'Arte, N. I-II, Gennaio-Giugno 1966, p.114; Scavo e restauro del teatro greco, p.114; Restauro della Basilica, p. 115.
  • L. Bernabò Brea, Due secoli di studi, scavi e restauri del teatro greco di Tindari, in Rivista dell'Istituto nazionale d'Archeologia e Storia dell'Arte. Nuova serie, XIII-XIV. 1964-1965, pp.99-144.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Scavi in Sicilia. Tindari.- Area urbana, L'insula IV e le strade che lo circondano, in Bollettino d'Arte del Ministero della Pubblica Istruzione. N. III-IV, Luglio-Dicembre 1965, pp. 205-209.
  • U. Spigo, Tindari. L'area archeologica e l'antiquarium, Rebus edizioni, Milazzo 2005.
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Lipari.
Acropoli.
Villaggi preistorici.

Lipari. Acropoli. Villaggi preistorici

L'Acropoli dell'antica Lipàra è un masso di riolite in parte vetrosa che s'innalza dalla piana costiera di Diana e si protende con pareti scoscese nel mare formando due insenature, due porti naturali: Marina Lunga a Nord, Marina Corta a Sud.

Gli scavi eseguiti da Bernabò Brea e da Madeleine Cavalier dal 1950 in poi hanno messo in luce sull'alto del Castello le tracce della città greca e romana e dei villaggi preistorici che l'hanno preceduta, rivelando una stratificazione che raggiunge in qualche punti i nove metri.

I Cnidi nella 50ª olimpiade (580-576 a.C.) vi fondarono la nuova Lipàra. Ben presto l'area dell'acropoli dovette rivelarsi insufficiente e la città si estese sulle sue pendici verso la piana. La città greca fu rasa al suolo nel 252-251 a.C. dai Romani, che trasformarono l'acropoli in una fortezza, radendone probabilmente al suolo tutti gli edifici. Da ciò la quasi totale assenza di resti edilizi di età greca.

Solo un secolo dopo, essendo cambiata la situazione politica nel basso Tirreno e avendo perso le isole Eolie ogni valore strategico, l'acropoli tornò ad essere un quartiere residenziale. E' di questa età l'impianto costituito da una serie di isolati rettangolari (insulae), divisi fra loro forse da sette strade (cardines) rettilinee, parallele in senso Est-Ovest, ed equidistanti, larghe 10 piedi e fornite da una canaletta di fognature assiale, incrociate ortogonalmente in senso Nord Sud da altre strade più larghe (decumani).

Per quanto riguarda le età anteriori, nella zona Sud dell'area archeologica i resti edilizi riferibili all'Ausonio II e all'Ausonio I (tarda età del Bronzo) sono limitati. Cospicui resti si hanno invece del villaggio del Milazzese (Bronzo medio) che si sovrappone al villaggio di Capo Graziano (Bronzo antico).

Nella zona Nord le capanne del Milazzese e quelle dell'età di Capo Graziano sono altrettanto numerose ma meno appariscenti, in parte perché ricoperte dalle capanne dell'Ausonio I e dell'Ausonio II.

Il Castello di Lipari. Particolare delle capanne del Bronzo medio sovrapposte a capanne del Bronzo antico

Il deposito archeologico scende per altri quattro o cinque metri sotto il suolo delle capanne della prima età del bronzo. Esso è stato esplorato con pozzi di saggio, poi ricoperti, praticati nell'interno delle singole capanne e con più ampie trincee aperte ad Ovest.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier F. Villard, Meligunìs Lipàra, vol. IX. Topografia di Lipari in età greca e romana. Parte I. L'Acropoli. Palermo 1998, pp. 1-265.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Il Castello di Lipari e il Museo Archeologico Eoliano, Flaccovio, Palermo 1970, pp. 1-214.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra IV. L'Acropoli di Lipari nella preistoria con appendici di W. Taylour, M. Garasanin, E. Contu, J.L. Williams, M. Alessio, F, Bella, C. Cortesi, B. Turi, T. Mannoni, Palermo 1979, (volume di testo) pp. 1-875 ; (volume di tavole) tavv. I-CCCXXII e l'atlante.
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Lipari.
La necropoli di Piazza
Monfalcone

Lipari. Veduta dello scavo della necropoli di Piazza Monfalcone, con un tratto di muro della prima cinta greca.

Scavi eseguiti da Bernabò Brea e Cavalier nel 1954 nella piazzetta Monfalcone (oggi L.S. d'Austria), al centro della città attuale, hanno messo un luce un tratto delle mura urbiche arcaiche della Lipàra greca, al di sotto delle quali si estendeva una vasta necropoli databile all'età del bronzo recente. In essa tombe a cremazione con le ceneri raccolte entro situle deposte orizzontalmente nel terreno e chiuse con lastra di pietra si sovrappongono e si mescolano con tombe a inumazione con scheletri rannicchiati entro grandi giare (pithoi).

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra I, Parte II, pp. 89-172, Palermo, 1960.
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Lipari, Le Mura greche e
l'Aggere di Sesto Pompeo

La fronte esterna delle mura greche con la torre quadrata che proteggeva la porta urbica

La prima cinta muraria della Lipàra Greca fu eretta nel V secolo a.C. Tuttavia il rapido incremento demografico ben presto rese insufficiente l'area da essa circoscritta. Nel corso della prima metà del IV secolo a.C. (340-300 a.C.) si dovette quindi costruire una nuova cinta, assai più ampia, che raddoppiava l'area urbana, ricollegandosi ai due estremi alle balze del Castello a Sud e a quella della Cìvita a Nord e correndo per più di duecento metri nell'aperta pianura.

Gli scavi condotti da Bernabò Brea e Cavalier nel 1972 hanno messo in luce diversi lunghi tratti della cortina rettilinea sbarrante la piana. Le mura erano costruite con grandiosità e robustezza; avevano uno spessore di poco inferiore a quattro metri e presentavano sui due prospetti paramenti di blocchi perfettamente squadrati di latitandesite rosso-violacea del Monte Rosa, in filari isodomi, mentre il nucleo interno era costituito da un èmplekton di piccolo pietrame molto compatto.

Dal filo delle mura aggettavano almeno due robuste torri quadrate, costruite con identica tecnica, a protezione delle porte urbiche.

La ripresa degli scavi nel 1984-1987 nel tratto fra la via Diana e il vico Scudo ha messo in luce il suolo dell'assedio del 152-251 a.C.

Le mura greche. Particolare del paramento in blocchi squadrati in filari isodomi

Parallelo alle mura greche sul lato esterno di esse, alla distanza di circa 6 metri è stato messo in luce un altro sistema di fortificazioni molto più grossolano. Si tratta di un aggere piuttosto che di un vero e proprio muro, costruito con pietrame a secco e blocchi riutilizzati, che si può mettere in rapporto con le guerre civili fra Ottaviano e Sesto Pompeo (43-36 a.C).

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, Le fortificazioni greche di Lipari, in Saggi in onore di Guglielmo De Angelis D'Ossat, Istituto di Storia dell'Architettura, Roma 1987, pp. 145-153.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra IX. Topografia di Lipari in età greca e romana. Parte II- La città bassa; con allendici di M.A. Mastelloni, E. Messina, G. Ancona, A. Ollà, L. Campagna, U. Spigo, Palermo 1998, pp. 1-409.

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Lipari.
La necropoli greca e romana

Lipari. Necropoli scavo XXIII, 1985

Dopo i saggi di scavo condotti da Orsi nel 1928, Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier hanno condotto sistematicamente, dal 1948 al 1995, l'esplorazione della necropoli che si estende nella pianura di Diana fra il vallone Ponte a Sud e il vallone di Santa Lucia a Nord. Piccoli gruppi di tombe sono stati anche scavati in contrada S. Anna e a Portinenti.

Le tombe della necropoli vanno dagli inizi stessi della città greca, e cioè dal 580 a.C., all'età imperiale romana.

Esse non sono uniformemente distribuite nella contrada Diana, ma riunite in vasti agglomerati, separati fra loro da zone libere. Probabilmente le sepolture avvenivano in terreni a ciò particolarmente destinati, forse di proprietà di confraternite o associazioni di carattere funerario. Erano terreni extraurbani, posti al di fuori della cinta delle mura urbiche, essendo regola costante del mondo greco e romano che si seppellisse al di fuori della città. Ciò spiega la grande densità e il sovrapporsi di tombe in più ordini in zone delimitate, il costante orientamento delle tombe, sempre con testa verso Sud, e il loro allineamento in filari più o meno regolari.

Sia in età greca che in epoca romana la necropoli presenta un rito misto: nel primo caso il massimo numero delle tombe è a inumazione e un numero minore è a cremazione, mentre in età romana la proporzione appare rovesciata.

Merita di segnalare, tra i molti elementi di rilevante interesse, la ricchezza dei corredi funerari del IV sec. a.C., tra cui ricorrono significative produzioni vascolari locali, ed il numero molto elevato di maschere teatrali (IV - III sec. a.C.), che rappresentano il più cospicuo complesso di questo tipo finora noto nel mondo greco.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra II, La necropoli greca e romana nella contrada Diana, Palermo 1965, pp. 1-380.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra V, Scavi nella necropoli greca di Lipari, Roma,1991, pp. 1-199.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra VII. Lipari. Contrada Diana.Scavo XXXVI in proprietà Zagami (1975-1984) con contributi di S.L. AGNELLO e F. VILLARD, Palermo 1994, pp. 1-288
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, F. Villard, Meligunìs Lipàra XI, Gli scavi nella necropoli greca e romana di Lipari nell'area del terreno vescovile Parte I e Parte II, Palermo 2001,pp. 1-818.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, L. Campagna, Meligunìs Lipàra XII, Le iscrizioni lapidarie greche e latine delle isole Eolie, Palermo, 2003, pp. 1-275.
  • L. Bernabò Brea, Menandro e il teatro greco nelle terracotte liparesi, Genova, 1981.
  • L. Bernabò Brea, Maschere e personaggi del teatro greco nelle terracotte liparesi, Roma 2001.
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Lipari.
La stufa termale di San Calogero

Il complesso termale di San Calogero a Lipari, in una veduta dipinta da Jean Houel nel 1776

Le sorgenti termali dell'isola di Lipari, ricordate da scrittori di età greca e romana, erano tanto famose che una delle terme minori di Roma portava il nome di Eolia.

Non vi è dubbio che queste citazioni si referiscano alla sorgente termale di San Calogero, sul versante occidentale dell'isola, a cui ora si discende con una via rotabile da Piano Conte.

Si tratta di una pseudo-cupola, costruita con anelli sovrapposti di blocchi in filari isodomi, aggettanti gli uni rispetto agli altri, e quindi di diametri che vengono via via restringendosi dal basso verso l'alto. I blocchi sono perfettamente levigati sui lati, e raccordati sulla fronte alla linea di profilo, mentre sono appena sbozzati sul lato posteriore, dato che la tholos, inserita nel fianco della montagna, non era visibile all'esterno.

L'interno della Tholos termale

E' un tipo di struttura caratteristica dell'architettura micenea. Le sue piccole dimensioni sono in evidente rapporto con la funzione stessa di stufa termale per cui è stata costruita. Saggi di scavo eseguiti da Bernabò Brea e Cavalier nel 1985, sia all'interno che all'esterno di essa, sembrano confermare tale opinione, già ricavabile dall'esame strutturale del monumento.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, La tholos termale di San Calogero nell'isola di Lipari, Studi Micenei ed Egeo-Anatolici, 1991, pp. 1-78.
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Filicudi
I villaggi dell’età del Bronzo

L'insediamento dell'età del bronzo della Montagnola di Capo Graziano visto da Sud-Est

Nell’isola di Filicudi si trovano due grandi villaggi dell’età del Bronzo, impiantati nel corso della fase culturale di Capo Graziano (antica età del Bronzo, ca. 2300-1500 a.C.), che prende nome appunto da uno di essi, quello della Montagnola del Capo Graziano di Filicudi.

Il villaggio più antico, denominato Filo Braccio e pertinente alla fase iniziale della cultura (ca. 2300-1700 a.C.), si trova sul piano meridionale del Piano del Porto, estendendosi per ca. 900 m lungo la sponda. è stato fortemente danneggiato dall’erosione. Bernabò Brea e Cavalier vi condussero saggi limitati nel 1959, individuando cinque capanne (Bernabò Brea, Cavalier 1966 e 1991).

Più recentemente le indagini sono state riprese da M.C. Martinelli, mettendo in luce altre cinque capanne che hanno fornito significativi materiali e importanti dati economici e ambientali (Martinelli et alii 2010).

L'insediamento dell'età del Bronzo di Filo Braccio (gruppo di capanne D-E-G-I e aia L)

Durante il XVII sec. a.C. l’insediamento si spostò dall’indifeso Piano del Porto sulla roccaforte naturale costituita dalla Montagnola di Capo Graziano (alt. m. 174 s.l.m.). A partire dal 1952 e fino al ‘64 Luigi Bernabò Brea con la collaborazione di Madeleine Cavalier vi condusse scavi estensivi, che misero in luce 26 capanne.

Il sito ha fianchi scoscesi estremamente accidentati, con un pendio meno ripido, oggi sistemato a terrazze, sul lato orientale. Il maggior nucleo del villaggio si addensava in un ripiano di circa m. 100 x 30 alla quota di un centinaio di metri s.l.m., ma le capanne dovevano estendersi fino alla sommità della Montagnola.

Il villaggio si sviluppò durante la seconda fase della cultura di Capo Graziano (1700-1500 a.C.) e continuò a fiorire anche nel successivo periodo della cultura del Milazzese (1500-1300 a.C.), alla fine della quale fu abbandonato.

La posizione degli insediamenti della Montagnola di Capo Graziano e di Filo Braccio nell’isola di Filicudi

Tra gli importanti materiali rinvenuti, è notevole la presenza di ceramica micenea (Bernabò Brea, Cavalier 1966 e 1991).

Le strutture dei villaggi della Montagnola di Capo Graziano e di Filo Braccio sono state conservate in vista e fanno parte del Parco Archeologico delle Isole Eolie. I materiali rinvenuti sono esposti nel Museo Regionale Eoliano Luigi Bernabò Brea a Lipari.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Ricerche paletnologiche nell'isola di Filicudi, Bullettino di Paletnologia Italiana, n.s. XVII, vol. 75, 1966, pp. 143-173.
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra, Vol VI. Filicudi. Insediamenti dell'età del bronzo con appendici di Rosa Maria Albanese Procelli, Maria Clara Martinelli. Pietro Villari, John L. Williams, Palermo 1991, pp.1-352.
  • M.C. Martinelli, G. Fiorentino, B. Prosdocimi, C. D’Oronzo, S.T. Levi, G. Mangano, A. Stellati, N. Wolff, Nuove ricerche nell’insediamento sull’istmo di Filo Braccio a Filicudi. Nota preliminare sugli scavi, Origini, XXXII, 2010, pp. 285-314.
  • M.C. Martinelli, Isole Eolie. Filicudi nell’età del Bronzo. Regione Siciliana, Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Palermo, 2015
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Salina.
Villaggio della Portella
(Bronzo medio)

Insediamento della media età del bronzo della Portella (scavi 1956) - La capanna A

Nel corso del XIV secolo a.C., mentre fioriva la cultura del Milazzese, di fronte all'aggravarsi del pericolo di incursioni nemiche anche a Salina l'abitato si spostò in una posizione estremamente disagevole, ma fortissima, sulla sommità di una sottile cresta di terreno fra due profondi canali di erosione, sui quali incombe con pareti verticali quasi ovunque inaccessibili.

Una parte del sito fu indagata nel 1954-‘56 da Bernabò Brea e Cavalier, che rinvennero dieci capanne di forma ovale o circolare, ricavate nel ripido pendio in un terreno di pomici e lapilli consolidati, seminterrate sul lato a monte e costruite in elevazione con pietre a secco sul lato a mare. Il villaggio presentava evidenti testimonianze di una distruzione violenta, in molti casi per incendio.

Insediamento della media età del bronzo della Portella (2000)

Tra il 1999 e il 2008 M.C. Martinelli ha condotto nuove campagne di scavo, che hanno esplorato interamente la parte conservata dell’insediamento, comprendente 25 capanne. L’ottimo stato di conservazione ha consentito di riconoscere strutture formate da 4-5 ambienti con funzioni diverse: abitative, di lavoro, di magazzino. In quasi tutte le capanne si trovava, tra l’altro, un grande recipiente ceramico destinato alla conservazione dell’acqua. (Martinelli 2020, pp. 125-129).

Insediamento della media età del bronzo della Portella (scavi 1956) - La capanna C

Le strutture del villaggio di Portella a Salina sono state conservate in vista e fanno parte del Parco Archeologico delle Isole Eolie.

I materiali rinvenuti sono esposti nel Museo Regionale Eoliano Luigi Bernabò Brea a Lipari e nel Museo Civico di Lingua (Santa Marina Salina).

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra III, 1968, pp. 144-180.
  • M.C. Martinelli, (a cura di) Il villaggio dell'età del bronzo medio di Portella a Salina nelle Isole Eolie, con testi di: A.M. Beietti Sestieri, G. Calderoni, C. Ferlito, G. Fiorentino, R. E. Jones, S.T. Levi, P. Lo Cascio, L. Lopes, I. Martelli, R. Mazzarella; Origines. Studi e materiali pubblicati a cura dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, Firenze, 2005, pp. 1-339.
  • M.C. Martinelli, Archeologia delle Isole Eolie. Il villaggio dell’età del Bronzo medio di Portella a Salina. Scavi 2006 e 2008. Rebus Edizioni, Milano, 2010.
  • M.C. Martinelli, Isole vicine. L’arcipelago delle Isole Eolie e le comunità umane nella preistoria mediterranea. Edizioni di Storia e studi sociali di Giovanna Corradini, Ragusa, 2020.
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Panarea
Il villaggio
di Punta Milazzese.

Il promontorio del Milazzese con il villaggio della media età del bronzo

Lo scavo al Milazzese di Panarea fu il primo condotto da Luigi Bernabò Brea nelle Isole Eolie, nel 1949-1950.

Il villaggio è situato sul promontorio a forma di falce di Punta Milazzese, con pareti quasi verticali e congiunto all'isola solo da uno stretto istmo. Vera fortezza naturale, il promontorio era facilmente difendibile con lo sbarramento dell'istmo, e per questa ragione è stato scelto come sede del villaggio durante la media età del Bronzo.

Il promontorio appare oggi fratturato dall’erosione naturale; nel pianoro più ampio conservato, oltre a tracce dello sbarramento dell'istmo sono state messe in luce 22 capanne, delimitate da muretti di pietre a secco e inserite in recinti quadrangolari. Altre due capanne sono state scavate nella parte separata, oggi irraggiungibile.

Le nuove indagini condotte nel 2008-2009, oltre ad individuare nuovi tratti di capanne, hanno messo in luce la struttura di accesso al villaggio, che comprendeva una torre quadrata (Martinelli 2020, pp. 123-125).

Il promontorio del Milazzese con il villaggio della media età del bronzo

Il rinvenimento, in molte capanne, di vasi ed altri oggetti in posto dimostra che il villaggio ha subito una distruzione violenta, come tutti gli insediamenti eoliani di questa età.

Il materiale rinvenuto caratterizza una fase dell'età del bronzo eoliana (fase del Milazzese), che i numerosi reperti micenei datano tra il XIV e gli inizi del XIII sec. a.C.

Le strutture del villaggio del Milazzese di Panarea sono state conservate in vista e fanno parte del Parco Archeologico delle Isole Eolie.

I materiali rinvenuti sono esposti nel Museo Regionale Eoliano Luigi Bernabò Brea a Lipari.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea M. Cavalier, Meligunìs Lipàra III. Stazioni preistoriche delle isole Eolie. Panarea, Salina, Stromboli, Palermo 1968, 1-132.
  • M.C. Martinelli, Isole vicine. L’arcipelago delle Isole Eolie e le comunità umane nella preistoria mediterranea. Edizioni di Storia e studi sociali di Giovanna Corradini, Ragusa, 2020.
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Isola di Lemnos - Poliochni

Planimetria della città

L'abitato preistorico di Poliochni sorge sulla riva del mare sulla costa orientale dell'isola di Lemnos, al fondo di una baia protetta dai venti da un promontorio roccioso e costituente un discreto porto naturale. Come Troia e come Thermi, Poliochni si può considerare un vero e proprio tell: la collina attuale è formata dal sovrapporsi dei resti di abitati succedutisi attraverso molti secoli, per cui lo strato archeologico raggiunge in qualche punto lo spessore di oltre 9 metri.

Scavi della Scuola Archeologica Italiana di Atene vi furono eseguiti dal 1930 al 1936 sotto la direzione di Alessandro Della Seta, volti alla messa in luce della città. Bernabò Brea iniziò a lavorare a Lemnos in qualità di allievo della Scuola, poi vi fu richiamato negli anni '50 da Doro Levi per riprendere gli scavi, allo scopo di verificare una serie di dati, ed inoltre con l'incarico di allestire il museo di Myrina e pubblicare integralmente gli scavi italiani a Lemnos, nell'intento di "salvare il frutto di tanto lavoro di studiosi italiani".

Egli portò a termine il suo compito con due importanti monografie (1962 e 1976), nelle quali propose la divisione in periodi della lunga vita della città, sulla base dell'evoluzione tipologica delle ceramiche e degli altri manufatti. Tra gli esiti del suo lavoro va ricordato infine il rinvenimento di un importante tesoro di oreficerie, nel corso della campagna del '56.

Bibliografia:
  • L. Bernabò Brea, Recenti scavi a Poliochni nell'isola di Lemnos, in Bollettino d'Arte del Ministero della Pubblica Istruzione, N. III-IV – Luglio Dicembre 1957, pp.193-217.
  • L. Bernabò Brea, A Bronze Age House at Poliochni (Lemnos) in Proceedings of the Prehistoric Society for 1955, -Vol. XXI, pp.144-155.
  • L. Bernabò Brea, Poliochni: Città preistorica nell'isola di Lemnos, Monografie della Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni Italiane in Oriente, I, Roma,1962. Vol. I A (testo) pp. 1-705, vol. I B (tavole) tavv. I –CXC, e Atlante,tavv. 1-26.
  • L. Bernabò Brea, Poliochni. Città preistorica nell'isola di Lemnos, Monografie della Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni Italiane in Oriente, II, Roma, 1976.
  • Chr. Doumas, V. La Rosa, a cura di, Poliochni e l'antica età del bronzo nell'Egeo settentrionale, Convegno Internzionale, Atene 22-25 Aprile, 1996; Scuola Archeologica di Atene, Atene 1997, pp. 1-691.
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La Sicilia prehistórica y sus relaciones con Oriente y con la Península Ibérica

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La ceramica policroma liparese di età ellenistica

Gli scavi nella caverna delle Arene Candide (Finale Ligure)
parte I Gli strati con ceramiche
vol. I

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Arene Candide 2

Gli scavi nella caverna delle Arene Candide (Finale Ligure)
parte I Gli strati con ceramiche
vol. II Campagna di scavo 1948-50

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Meligunìs Lipara - Vol. I

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Meligunìs Lipara - Vol. II

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Meligunìs Lipara - Vol. III

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Gli Eoli e l’inizio dell’età del bronzo nelle Isole Eolie e nell’Italia meridionale

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La ceramica policroma liparese di età ellenistica

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La ceramica figurata della Sicilia e della Magna Grecia della Lipàra dei IV sec. a.C.

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La ceramica policroma liparese di età ellenistica

Da eschilo a Menandro
due secoli di teatro greco attraverso i reperti archeologici liparesi

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Maria Bernabò Brea

Note biografiche

Nata a Genova nel 1952, laureata in Lettere presso l'Università di Genova nel 1975. In servizio presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia. Romagna dal 1980, come funzionario incaricato per la Preistoria dell'Emilia occidentale (Piacenza, Parma, Reggio Emilia). Dal 1991 Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Parma.
In pensione dal 1 gennaio 2017.
Presidente dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria (dal 2012)

Principali ambiti di ricerca

  • Il Neolitico: indagini in alcuni siti materani negli anni '70; nei siti della Val Trebbia negli anni '80; nei siti e necropoli VBQ emiliane (1995-2007) in collaborazione con Loretana Salvadei; nel sito del neolitico recente di S. Andrea a Travo (1995-2007), in collaborazione con Alain Beeching);
  • L'età del Bronzo: scavi estensivi nella terramara di S. Rosa a Poviglio (1984-2007) in collaborazione con Mauro Cremaschi; progetto di ricerca sulle terramare emiliane, in collaborazione con Andrea Cardarelli, Mauro Cremaschi e Angela Mutti (1989-1997); vari scavi in terramare soprattutto parmensi, tra cui quello estensivo di Beneceto (2000-2004).

Ha curato alcuni allestimenti museali: l'Antiquarium della terramara di Poviglio (RE) (1996), il Museo Archeologico della media Val Trebbia e il Parco Archeologico del sito di S. Andrea a Travo (PC) (1997, 1999, 2006), la sezione preistorica del Museo Archeologico Nazionale di Parma (1999), la sezione preistorica del Museo Civico di Piacenza in collaborazione con A.M. Carini (1998).

Mostre temporanee organizzate

  • Le terramare si scavano per concimare i prati (Parma, 1994);
  • Le terramare. Prima civiltà padana in collaborazione con A. Cardarelli e M. Cremaschi (Modena 1997)
  • Antichi segni dell’uomo, in collaborazione con A. Revedin (Firenze, Museo Archeologico, 2004).

Co-organizzazione dei Convegni

  • XXXV Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Le comunità della preistoria italiana. Studi e ricerche sul Neolitico e le età dei metalli, Lipari, 2-7 giugno 2000.
  • Archeolologia ad Alta velocità, Parma, 9 giugno 2003.
  • XXXIX Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Materie prime e scambi nella preistoria italiana, Firenze, 25-27 novembre 2004.
  • 5000-4300 a.C. Il pieno sviluppo del Neolitico in Italia, Finale Ligure, 8-10 giugno 2009.
  • VL Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Preistoria e Protostoria dell’ Emilia Romagna, Modena, 26-31 ottobre 2010.
  • L Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Preistoria del cibo, Roma ottobre 2015.
  • LI Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria - Italia tra mediterraneo ed Europa, Forlì ottobre 2016.

Bibliografia

(in ordine cronologico)
  • Bernabò Brea M.,1977, Nuovi scavi nei villaggi di Serrra d'Alto e Tirlecchia, Atti XX Riun. Scient. IIPP in Basilicata, pp. 147-158.
  • Bernabò Brea M.,1977, La ceramica graffita materana, in Le ceramiche graffite nel neolitico del Mediterraneo centro-occidentale, Atti del seminario di Genova, "Preistoria Alpina", 13, pp. 28-31.
  • Tinè S., Bernabò Brea M., 1980, Il villaggio neolitico del Guadone di S.Severo (Foggia), Riv. Sc. Preist. XXXV, pp. 45-74.
    Cremaschi M., Bernabò Brea M., Tirabassi J., D'Agostini A., Dall'Aglio P.L., Magri S., Baricchi W., Marchesini A., Nepoti S., 1980, L'evoluzione della pianura emiliana durante l'età del bronzo, l'età romana e l'alto medio evo: geomorfologia ed insediamenti, in "Padusa", pp. 1-106 (estratto).
  • Bernabò Brea M., Bonardi A., 1982, Nota preliminare sul rinvenimento di materiale dell'età del Bronzo a Torrechiara (Parma), "Preistoria Alpina", 18, pp.157-162.
  • Bernabò Brea M., Steffè G., 1983, Insediamento neolitico a Savignano sul Panaro: appunti preliminari, Miscellanea di Studi Archeologici e di Antichità, Deput. St.Patria Provv. Modenesi, n.s., 72, pp. 1-8 estratto.
  • Bernabò Brea M., 1984, L'insediamento neolitico di Tirlecchia (Matera), Riv. Sc. Preist. XXXIX, pp. 23- 84.
  • Bernabò Brea M., 1984, Insediamento neolitico a Travo (Piacenza), in "Emilia Preromana", 9/10, pp. 287-288.
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      • La nuova scienza alla ricerca delle origini, pp. 13-20
      • Le terremare, queste sconosciute: alla ricerca del tempo perduto, pp. 245-251.
      • La vicenda delle terremare, a firma Bernabò Brea, Mutti, pp. 150-165.
      • Schede alle pp.: 263-266, 267, 269, 289, 291, 320, 354, 358, 387, 389, 402, 420.
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      • Le terramare "palafitte a secco" o "villaggi arginati" ? (insieme a Cremaschi M.) pp. 187-195.
      • La terramara di S.Rosa di Poviglio: le strutture (insieme a Cremaschi M.) pp. 196-212.
      • L'insediamento collinare e montano (insieme a A.Cardarelli e Cremaschi M.) pp. 275-281.
      • Le terramare nel tempo (insieme a A.Cardarelli) pp. 295-301.
      • Lo strato basale del villaggio piccolo di S.Rosa a Fodico di Poviglio (RE) (con altri Autori), pp. 340-342
      • Lo strato a cumuli di cenere del villaggio grande di S.Rosa a Fodico di Poviglio (RE) (con altri Autori), pp. 345-347
      • Lo strato sommitale del villaggio grande di S.Rosa a Fodico di Poviglio (RE) (con altri Autori), pp. 347-350.
      • Datazioni radiometriche dalla terramara S.Rosa di Poviglio ( insieme a M. Cremaschi), p. 350.
      • La stratigrafia di Cavazzoli (RE) negli scavi 1971( insieme a J Tirabassi) pp. 351-353
      • Il limite sud-occidentale dell'area terramaricola e le facies culturali dell'Appennino  emiliano occidentale. pp. 433- 435.
      • Il sito della Piscina di Travo: 436-437.
      • Il crollo del sistema terramaricolo (insieme a A.Cardarelli e Cremaschi M.) pp. 745-756.
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  • Bernabò Brea M., 2009, Parma tra il VI e il II millennio prima di Cristo, in D. Vera, a cura di, Parma romana, Ed. MUP, Parma, pp. 43-109.
  • Bernabò Brea M., Cremaschi M., a cura di, 2009, Acqua e civiltà nelle terramare. La vasca votiva di Noceto, Ed. Skirà, Milano. Nel volume:
      • Le terramare nell’età del Bronzo, pp. 5-16;
      • Oggetti miniaturistici e altri reperti fittili (con altri Autori), pp. 206-211;
      • Conclusioni (con M. Cremaschi), pp. 242-244. 
  • Beeching A., Bernabò Brea M., Castagna D., 2009, Le village de Travo près de Piacenza (Emilie-Romagne, Italie) et les structures d’habitat du Néolithique d’Italie septentrionale, Actes Table Ronde 23-24 mai 2003 à Marseille, Mémoire XLVIII Soc. Préhist. Franc., pp. 123-141
  • Bernabò Brea M., Mazzieri P., 2009, Oggetti e contesti rituali nella cultura VBQ dell’Emilia occidentale, Padusa XLIV, pp. 7-41.
  • Bernabò Brea M., Mazzieri P., Micheli R., 2010, People, dogs and wild game: evidence of the human-animal relation from burials of the Middle Neolithic of Northern Italy, XXVI Neolithic Seminar, Ljubljana 2009, Ljubljana, pp. 125-145.
  • Bernabò Brea M., Maffi M., Mantini S., Mazzieri P., Salvadei L., 2010, Testimonianze funerarie della gente dei Vasi a Bocca Quadrata in Emilia occidentale. Archeologia e antropologia, Rivista di Scienze Preistoriche, LX, 63-126.
  • Bernabò Brea M., Bianchi P., Bronzoni L., Mazzieri P. 2011, Abitati dell’età del rame nel Parmense, AttiIIPP XLIII., L’età del Rame in Italia, pp. 233-239.
  • Bernabò Brea M., Maffi M. 2011, Una struttura del IV millennio a.C. a Le Mose (Piacenza), AttiIIPP XLIII., L’età del Rame in Italia, pp. 581-586.
  • Bernabò Brea M., Maffi M., Mantini S., Mazzieri P., Salvadei L., 2011, Le sepolture eneolitiche alle Mose, Piacenza, Atti IIPP XLIII. L’età del Rame in Italia, pp. 703-710.
  • Bronzoni L., Alfieri M., Bernabò Brea M., MAZZIERI P. 2011, L’insediamento eneolitico di via Guidorossi a Parma, AttiIIPP XLIII., L’età del Rame in Italia, pp. 593-598.
  • Bronzoni L., Alfieri M., Bernabò Brea M., MAZZIERI P. 2011, Via Guidorossi a Parma: i due edifici maggiori, AttiIIPP XLIII., L’età del Rame in Italia, pp. 599-604.
  • Bernabò Brea M., Cremaschi M., Bronzoni L., Pavia F., Rovesta C., 2011, Soil use from the Late Chalcolithic to the Early Middle Bronze Age in the central Po plain (northern Italy): new data from buried soils, in  Hidden Landscapes of Mediterranean Europe. Cultural and methodological biases in pre- and protohistoric landscape studies, a cura di van Leusen M., Pizzaiolo G., Sarti L., Proceedings of the international meeting, Siena, May 25-27 2007, BAR International Series, pp. 207-214.
  • Bernabò Brea M., Cultraro M. 2012, La statuetta femminile di Vicofertile (PR) nel contesto neolitico italiano e transadriatico: confronti tipologici e significati simbolici, AttiIIPP XLII, Preistoria Alpina 46, pp. 185-193.
  • Bianchi P.A.E., Bernabò Brea M. 2012, Rappresentazioni mobiliari zoomorfe, antropomorfe e simboliche dell'età del Bronzo. Nuovi ritrovamenti dalle terramare emiliane, AttiIIPP XLII, Preistoria Alpina 46, pp. 299-308.
  • Mazzieri P., Bernabò Brea M., 2012, Stilemi decorativi e significati simbolici nella decorazione vascolare VBQ, AttiIIPP XLII, Preistoria Alpina 46, pp. 195-202.
  • Bernabò Brea M., 2012, Riflessione sulla circolazione di elementi immateriali nell’Europa neolitica, Atti del Congrés Internacional Xarxes al Neolític – Neolithic Networks, Gavà 2-4.2.2011, Rubricatum. Revista del Museu de Gavà, 5, pp. 487-498.
  • Mazzieri P., Colombo M., Bernabò Brea M., Grifoni Cremonesi R. 2012, Contatti e scambi tra la cultura Serra d’Alto e i Vasi a Bocca Quadrata: il caso delle ollette tipo San Martino, Atti del Congrés Internacional Xarxes al Neolític – Neolithic Networks, Gavà 2-4.2.2011, Rubricatum. Revista del Museu de Gavà, 5, pp. 351-362.
  • Bernabò Brea M., Errera M., Mazzieri P., Occhi M., Petrequin P. 2012, Les haches alpines dans la culture des VBQ en Emilie occidentale: contexte, typologie, chronologie et origine des matières premières, in Jade. Inégalités sociales et espace européen au Néolithique: la circulation des grandes haches en jades alpines, Atti del Convegno, Besançon 2009, pp. 822-871.
  • Pizzi C., Cremaschi M., Mazzieri P., Bernabò Brea M., 2012, Il contesto archeologico di San Pancrazio (PR). Uso del suolo e insediamento tra Bronzo antico e Bronzo medio, Padusa, XVIII, pp. 7-40.
  • Bernabò Brea M., Beeching A Maffi M., Salvadei L., 2013, Prima dell’età del Rame: linee di continuità e di discontinuità con il Neolitico, in De Marinis R.C., a cura di, L’età del Rame. La Pianura Padana e le Alpi al tempo di Ötzi, Catalogo della Mostra, Brescia, pp. 503-524.
  • Bernabò Brea M., Bertolotti P., Bronzoni L., Miari M. 2013, Gli insediamenti di pianura a sud del Po, in De Marinis R.C., a cura di, L’età del Rame. La Pianura Padana e le Alpi al tempo di Ötzi, Catalogo della Mostra, Brescia, pp. 251-266.
  • Bernabò Brea M., Mazzieri P. 2013, Nuovi dati sul Campaniforme in Emilia, in De Marinis R.C., a c. di, L’età del Rame. La Pianura Padana e le Alpi al tempo di Ötzi, Catalogo della Mostra, Brescia, pp. 503-524.
  • Bernabò Brea M., Miari M. 2013, Oltre il grande fiume: le necropoli dell’età del Rame in Emilia e Romagna, in De Marinis R.C., a cura di, L’età del Rame. La pianura padana e le Alpi al tempo di Ötzi, Catalogo della mostra, Brescia, pp. 353-374.
  • Bernabò Brea M., Cremaschi M., 2013, la vasca lignea di Noceto (PR), in De Grossi Mazzorin J., Curci A., Giacobini G., Economia e ambiente nell’Italia padana dell’età del Bronzo, Bari, pp. 183-188.
  • Bernabò Brea M., Bronzoni L., Cremaschi M., Salvadei L., 2013, I tumuli dell’antica età del bronzo di via S. Eurosia (Parma), in De Grossi Mazzorin J., Curci A., Giacobini G., Economia e ambiente nell’Italia padana dell’età del Bronzo, Bari, pp. 173-177.
  • Bernabò Brea M., Gambari F.M., Giumlia-Mair A., 2014, Note preliminari sulla tazza d’oro da Montecchio Emilia, in De Marinis R.C., a cura di, Le manifestazioni del sacro e l’età del Rame, Atti del Convegno 23-24 maggio 2014, Brescia, pp. 321-341.
  • Bernabò Brea M., Gambari F.M., Giumlia-Mair A., 2014, Preliminary remarks on the gold cup from Montecchio Emilia, northern Italy, in: Metalle der Macht – Frühes Gold und Silber / Metals of power – Early gold and silver, 6. Mitteldeutscher Archäologentag vom 17 bis 19. Oktober 2013 in Halle (Saale), Herausgeber H. Meller, R. Risch und E. Pernicka, Tagungen des Landesmuseums für Vorgeschichte Halle, 495-504.
  • Bernabò Brea M., Maggi R., Manfredini A. a c. di, 2014, Il pieno sviluppo del Neolitico in Italia. Atti del Convegno (Finale Ligure, 8-10.6.2009), RSL LXXVII-LXXIX. Nel volume:
      • Bernabò Brea M., Maffi M., Mazzieri P., Salvadei L, Tirabassi I., Le necropoli VBQ in Emilia (con), pp. 303-313;
      • Cannavò V., Bernabò Brea M., Levi S.T., Mazzieri P., Dati archeologici e analisi archeometrica di vasetti tipo “San Martino” rinvenuti in Emilia, pp. 187-199.
      • Bernabò Brea M., Mazzieri P., Osservazioni sulla sfera rituale del mondo VBQ in baseai dati forniti dagli insediamenti dell’Emilia occidentale, pp. 311-318.
  • Maffi M., Bernabò Brea M., Garbasi F., Simoncelli A., Smaldone A., 2014, Il sito tardo Neolitico di Botteghino, Le Ghiaie (Parma), Padusa, 50, pp. 33-63.
  • Bernabò Brea M., 2016, Da un capo all’altro d’Europa. Circolazione di simboli, oggetti e modelli tra VI e III millennio a.C., in “Eurasia”, Catalogo della mostra, Cagliari.
  • Bernabò Brea M.,  Maffi M., Mazzieri P., 2016, Uso e significato dei monili nel V millennio a.C. in base ai dati dalle sepolture VBQ in Emilia, in “Ornarsi per comunicare con gli uomini e con gli Dei. Gli oggetti di ornamento come status symbol, amuleti,richiesta di protezione”, Atti XII PPE (12-14.9.2014)
  • Bernabò Brea M., a cura di, 2017, Preistoria e Protostoria dell’Emilia Romagna, vol. I (Modena, 26-31 ottobre 2010), in Studi di Preistoria e Protostoria, 3, Firenze. Nel volume:
      • Bernabò Brea M., Miari M., Steffé G., Il Neolitico dell’Emilia Romagna, pp. 119-138;
      • Bernabò Brea M.,  Maffi M., Mazzieri P., Salvadei L., Sepolture anomale nei contesti VBQ dell’Emilia occidentale, pp. 211-218;
      • Bernabò Brea M.,  Dal Santo N., Mazzieri P., Gli ultimi secoli del VI millennio a.C. in Emilia occidentale, pp. 183-192;
      • Bernabò Brea M.,  Maffi M., Mazzieri P., La fase tardo-neolitica in Emilia centro-occidentale, pp. 257-266;
      • Bernabò Brea M., Bronzoni L., Miari M., Steffé G.,  Edifici eneolitici in Emilia Romagna, pp.287-294;
      • Bernabò Brea M., Mazzieri P., Salvadei L., Alfieri M., Due sepolture della cultura campaniforme in via Guidorossi a Parma, pp. 443-448;
      • Miari M., Bernabò Brea M., Steffé G., Bertoldi F., Salvadei L., Sepolture eneolitiche in fossa dell’ Emilia Romagna, pp.295-304;
      • Steffé G., Miari M., Bernabò Brea M., L’Eneolitico dell’Emilia Romagna , pp. 139-158.
  • Bernabò Brea M., 2017, L’habitat dans son territoire, in Actes du Colloque «Le Chasséen, des Chasséens. Retour sur une culture nationale et ses parallèles, Sepulcres de fossa, Cortaillod, Lagozza», Paris 18-20 novembre 2014, pp. 285-288.
  • Maffi M., Beeching A., Bernabò Brea M., 2017, Les maisons du Néolithique récent d’Emilie, Italie. Nouvelles données et incidences sur les mouvements culturels entre mondes centre-européen et occidental au Vème milénaire et début du IVème millénaire av. J.-C., in Actes du Colloque «Le Chasséen, des Chasséens. Retour sur une culture nationale et ses parallèles, Sepulcres de fossa, Cortaillod, Lagozza», Paris 18-20 novembre 2014, pp.303-316.
  • Bernabò Brea M., a cura di, c.s., Preistoria e Protostoria dell’Emilia Romagna, vol. II (Modena, 26-31ottobre 2010), in Studi di Preistoria e Protostoria, Firenze. Nel volume:
      • Bernabò Brea M., Cardarelli A., Cremaschi M., L’età del Bronzo in Emilia;
      • Bernabò Brea M., Bronzoni L., Cremaschi M., Salvadei L., I tumuli del Bronzo Antico rinvenuti in via Sant’Eurosia a Parma
      • Bernabò Brea M., Tavolette enigmatiche da alcune terramare emiliane
  • Beeching A., Bernabò Brea M., Bertolotti P., Bronzoni L., Maffi M., c.s., Bâtiments néolithiques et chalcolithiques dans la plaine du Pô. Questions d'architecture autour du plan quadrangulaire, in Actes des Deuxièmes Rencontres Nord-Sud de Préhistoire Récente  Habitations et habitat du Néolithique à l’âge du Bronze en France et ses marges» Dijon 19-21 novembre 2015.

Madeleine Cavalier

Note biografiche

Madeleine Cavalier, nata a Vacquières Hérault (Francia) il 27 Giugno 1928 iniziò l'attività di ricerca archeologica come allieva di M. Louis docente di preistoria all'università di Montpellier.

Dal 1948 al 1952 fu segretaria e vice presidente della Section Languedocienne dell'Istituto Internazionale di studi Liguri, per la quale partecipò nel 1949 agli scavi nella caverna delle Arene Candide di Finale Ligure, e nel 1950 a quelli di Tindari che la Soprintendenza alle Antichità di Siracusa aveva affidato all'Istituto Internazionale di Studi Liguri diretta dal N. Lamboglia.

Iniziò da allora, la sua collaborazione con la Soprintendenza di Siracusa diretta da L. Bernabò Brea, che le affidò la direzione degli scavi di Milazzo negli anni 1951-52.

Fin dal 1951, quale diretta collaboratrice di L. Bernabò Brea, assunse la direzione scientifica degli scavi di Lipari e di tutta l'attività archeologica nelle isole Eolie, nel 1955 a Salina, nel 1956 a Filicudi, nel 1959 ancora a Filicudi, nei villaggi preistorici di Capo Graziano e Filo Braccio, nel 1978 a Stromboli, la necropoli greca di Ficogrande, nel 1980 a Stromboli, villaggio preistorico di San Vicenzo e ad Alicudi soltanto per esplorazioni.

Nel contempo fu chiamata dalla Soprintendenza di Siracusa a dirigere anche gli scavi di Tindari, Milazzo Abaceanum, Aluntium ecc. e il restauro del teatro greco e della Basilica di Tindari.

Nel 1956 ebbe una borsa di studio dalla Ricerca Scientifica Francese (C.N.R.S.) presso l'Institut Français a Beirut e de l'Ecole Française d'Athènes per effettuare esplorazioni in Libano, Turchia, Cipro e Grecia. Frutto della permanenza in Grecia, in particolare, fu lo studio dei rapporti fra le culture preistoriche delle isole Eolie e quelle dell'Egeo.

Del Museo Archeologico Eoliano assunse la direzione con la nomina a Conservatrice onoraria e Ispettrice Onoraria per le Isole Eolie.

Assunta quale Attaché de Recherche presso le Centre National de la Recherche Scientifique, è passata successivamente ai gradi di Chargé à Directeur de Recherche de 1ère classe ed è stata affliée a Napoli au Centre Jean Bérard (URA.18) e distaccata a Lipari nel quadro della proficua collaborazione culturale Italo-Francese.

A partire dal 1953 fu chiamata dalla Scuola Archeologica di Atene diretta dal D. Levi a collaborare con L. Bernabò Brea alla pubblicazione degli scavi preistorici di Poliochni (Lemnos) effettuati fra il 1930 e il 1936. Nel quadro di questo incarico collaborò nel 1960 alla organizzazione del Museo di Lemnos a Mirina.

Ha diretto tutti gli scavi eseguiti nelle Isole Eolie cercando di mantenere il Museo sempre vivo attraverso i nuovi rinvenimenti e i dati dei nuovi scavi fatti in Italia e nell'Egeo. Dopo la morte di L. Bernabò Brea avvenuta nel Febbraio 1999 a Lipari, Madeleine Cavalier non si è fermata, ma ha continuato pubblicando tutte le opere iniziate e cioè:


Sugli scavi di Lipari:
  • Meligunìs Lipàra X, Roma 2000, ricerche nell'area urbana e suburbana di Lipari.
  • Meligunìs Lipàra XI, in due volumi, Palermo 2001, sulla necropoli di contrada Diana.
  • Meligunìs Lipàra XII con Lorenzo Campagna, sulle iscrizioni lapidarie greche a latine rinvenute nella necropoli.
  • Il monastero normanno di Lipari e il suo chiostro, in Quaderni dell'Università di Messsina, Messina 2001.
  • Lipari. Il complesso archeologico delle terme di San Calogero, in Quaderni di Archeologia dell'Università di Messina 2003.
Sulle terrecotte liparesi:
  • I ritratti greci nelle terrecotte liparesi della prima metà del III sec. a C., Roma 2000.
  • Maschere e personaggi del teatro greco nelle terrecotte liparesi, Roma 2001.
  • Terrecotte teatrali e buffonesche della Sicilia Orientale e Centrale, Palermo 2002.

L'attività di Madeleine Cavalier continua quotidianamente, sia nell'aiuto ai giovani studiosi che desiderano approfondire la conoscenza dei materiali liparoti, sia nell'impegno personale di studio e di pubblicazione. Tra le opere in corso di preparazione una delle principali è la pubblicazione degli scavi dell'insula IV di Tindari, eseguiti tra il 1950 e il 1961.

Onorificenze

  • 1957. Medaglia di bronzo dal Ministero della Pubblica Istruzione per i benemeriti della Cultura e dell'Arte.
  • 1962. Membro Straniero dell'Istituto di Studi Etruschi e Italici.
  • 1963. Membro Corrispondente dell'Istituto Archeologico Germanico.
  • 1986. Médaille d'argent du Centre National de la Recherche Scientifique.
  • 1995. Médaille de bronze de la ville de Montpellier
  • 1996. Cittadinanza onoraria delle isole Eolie (Comuni di Leni, Lipari, Malfa e Santa Marina Salina).
  • 1997. Medaglia d'oro Associazione Nazionale Musei Italiani - Sezione Sicilia.
  • 1997. Médaille d'argent Centre National de la Recherche Scientifique Paris (Témoignage rayonnement scientifique CNRS).
  • 1999. Commendatore dell'Ordine «al merito della Repubblica italiana».
  • 2006. Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres

Bibliografia

  • Sobre la distribuciòn de la ceramica decorada con "botones" en relieve, in Ampurias XI, 1949, pp. 186-190, figg. 1-5.
  • con L. Bernabò Brea, Civiltà preistoriche delle Isole Eolie e del territorio di Milazzo, in Bullettino di Paletnologia italiana, vol. LXV, 1956, pp. 7-99.
  • Salina. A prehistoric village in the Aeolian Islands, in Antiquity, n°121, March 1957.
  • Civilisations préhistoriques des Iles Eoliennes et du territoire de Mylazzo, en Revue Archéologiques, 1957, pp.123-147.
  • con L. Bernabò Brea, Stazioni preistoriche delle isole Eolie I. La stazione stentinelliana di Castellaro Vecchio presso Quattropani (Lipari); II. Stazioni preistoriche di Piano Conte sull'altipiano di Lipari, in Bullettino di Paletnologia Italiana, vol. LXVI , 1957, pp. 97-151.
  • con L. Bernabò Brea, Il Castello di Lipari e il Museo Archeologico Eoliano, S.F. Flaccovio, Palermo 1958, pp. 105; 2 ème ediz. 1977 pp. 215; ristampa 1979 (Ivi una lunga nota bibliografica).
  • con L. Bernabò Brea, Mylai, Storia Patria per la Sicilia Orientale, 1959, pp.1-136; tavv. I-LVIII
  • con L. Bernabò Brea, Meligunìs Lipàra, vol. I, La stazione preistorica della contrada Diana e la necropoli prorostorica di Lipari, Palermo 1960, pp.1-172, tavv.I-XLIV.torna all'inizio della pagina
  • La grotte de la Zinzulusa et la stratigraphie de Lipari, in Mélanges d'Archéologie et d'Histoire, Ecole Française de Rome, 1960, pp.1-32.
  • Les cultures préhistoriques des Iles Eoliennes et leur rapport avec le monde égéen, in Bulletin de Correspondance hellénique, LXXXIV, 1960-1961, pp.319-346.
  • con L. Bernabò Brea, Meligunìs Lipàra vol. II, La necropoli greca e romana della contrada Diana, Palermo 1965, pp.1-380, tavv. I-CCXXXIII.
  • con L. Bernabò Brea, Scavi in Sicilia. Lipari, Zona archeologica del Castello, in Bollettino d'Arte, L, 1965, pp.202-205.
  • con L. Bernabò Brea, Ricerche paletnologiche nell'isola di Filicudi, in Bullettino di Paletnologia Italiana vol. LXXV, 1966, pp.143-173.
  • Filicudi. Villaggio preistorico del Capo Graziano, in Bollettino d'Arte, LI, 1966, pp.99-100.
  • Lipari. Scavo XXVII in contrada Diana, in Bollettino d'Arte, 1966, p.102.
  • Panarea (Messina) Villaggio dell'età del bronzo sul promontorio del Milazzese, in Bollettino d'Arte, LI, 1966, p.102.
  • L'épave de Capo Graziano, in "Archeologia", n°17, 1967, pp. 39-41.
  • con L. Bernabò Brea, Meligunìs Lipàra, vol. III, Stazioni preistoriche delle isole Panarea, Salina e Stromboli, Palermo 1968, pp.1-279, tavv. I-XCVII.
  • La tomba della bambola, in Sicilia Archeologica, n°16. 1971, pp.9-12.
  • Necropoli a incinerazione della cultura di Capo Graziano, in Magna Graecia, Anno VI, N. 7-8, 1971,pp.5-6.
  • Il riparo della Sperlinga di San Bazilio (Novara di Sicilia), con appendice di I. BIDDITTU, in Bullettino di Paletnologia italiana, N.S. XXII,- vol. 80- 1971, pp.1-63.
  • Nuove sistemazioni nel Museo Eoliano di Lipari, in Musei e Gallerie d'Arte d'Italia, N.47, Maggio-Agosto 1972, pp. 3-10.
  • La stazione preistorica di Tindari, in Bullettino di Paletnologia italiana, vol. 79 - 1970, Roma 1972, pp.61-94.
  • Mura greche e Aggere romano scoperti a Lipari, in Magna Graecia , Anno VII. N. 7-8, Luglio-Agosto 1972, pp. 7-8.
  • Nouveaux documents sur l'art du Peintre de Lipari, (Préface de L. Bernabò Brea), Bibliothèque de l'Institut français de Naples; Publications du Centre Jean Bérard, III, Napoli 1976.
  • L'uomo e i vulcani nelle isole Eolie, in Magna Graecia, Anno XIII, N. 5-6, 1978.
  • Necropoli greca di Stromboli, in Sicilia Archeologica, Anno XII, N. 40, 1979, pp.7-26.
  • Ricerche preistoriche nell'arcipelago eoliano, in Rivista di Scienze preistoriche, vol. XXXIV, Fasc. 1-2, 1979, pp.45-136.
  • con L. Bernabò Brea, Meligunìs Lipàra, vol. IV, L'acropoli di Lipari nella preistoria, Palermo, 1980, (volume di testo pp.1-875, volume di tavole tavv. I- CCCXXII e Atlante).
  • La necropoli a incinerazione dell'età di Capo Graziano nella contrada Diana, Appendice I in Melugunìs Lipàra IV, Palermo 1980, pp. 721-731.
  • O. Ragusi, Il Museo Eoliano di Lipari, Milano 1980 pp.1-63.
  • Le terracotte liparesi di argomento teatrale e la ceramica. I dati di rinvenimento. Appendice II al libro di L. Bernabò Brea, Menandro e il teatro greco nelle terracotte liparesi, Genova, 1981, pp.259-310.
  • Villaggio preistorico di San Vincenzo. Stromboli, in Sicilia Archeologica, N.46-47, pp. 27-54.
  • L. Vagnetti, Filicudi in La Sicilia e le Isole Eolie, in Magna Grecia e il Mondo miceneo, Taranto, Ottobre 1982.
  • con L. Bernabò Brea, Le terme di San Calogero, in Arcipelago , VII, 1983, n.3, p.5.
  • L. Vagnetti, Materiali micenei vecchi e nuovi dall'Acropoli di Lipari, in Studi Micenei ed Anatolici, fasc. XXV, 1984,pp. 143-154.
  • L. Vagnetti, Frammenti di ceramica "Matt painted" policroma di Filicudi (Isole Eolie) in Mélanges de l'Ecole Française de Rome, Tome 95, 1983.
  • con L. Bernabò Brea, Il neolitico delle Isole Eolie in "Problemi attuali di Scienze e cultura" Quaderno n°257, Rapporti tra i Balcani e l'Italia Meridionale nel neolitico; Atti del Convegno Italo Jugoslavia tenutosi a Lipari dal 10 al 13 Maggio 1978, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 1984, pp.29-40.
  • Voce Alicudi, in Bibliografia topografica della colonizzazione greca in Italia e nelle isole tirreniche, diretta da G. Nenci et G. Vallet, Scuola Normale superiore di Pisa, Ecole Française de Rome, Pisa Roma, 1984, vol.III, pp.171-173.
  • Attività archeologica nelle isole Eolie, (1980-1984) in Kokalos, XXX-XXXI, 1984-1985, tome 112, pp.695-709.
  • con L. Bernabò Brea, A cura di. Archeologia subacquea nelle Isole Eolie, in Bollettino d'Arte, suppl. al n° 29 , 1985, pp. 11-127.
  • Les amphores du VIème au IVème siècle avant J.C., dans les fouilles de Lipari, Cahiers du Centre Jean Bérard, XI, Naples 1985, pp.1-91.
  • La céramique polychrome de Lipari, in Actes du 3éme Colloque d'Histoire et d'Archéologie de Bastia, 7-10 Mai 1985, pp. 155-168.
  • con L. Bernabò Brea, La ceramica policroma liparese di età ellenistica, Muggiò (Milano), 1986, pp.1-112.
  • A. Brugnone, I bolli delle tegole della necropoli di Lipari, in Kokalos,XXXII, 1986, pp.181-282.
  • Archeologia marina nell'isola di Filicudi. In appendice alla riproduzione litografica dall'originale con traduzione in italiano a cura di P.Paino, Lipari 1985, del quinto volume, Filicuri, dell'opera Die Liparischen Inseln di L.S. d'Austria.
  • Nuovi rinvenimenti sul Castello di Lipari, in Rivista di Scienze preistoriche, Volume XL - 1985-1986 , Fascicolo 1-3, pp. 225-254.
  • L. Vagnetti, Arcipelago Eoliano, in Traffici Micenei nel Mediterraneo. Problemi storici e documentazione archeologica, Istituto Gramsci siciliano, Taranto 1986, pp.141-143.
  • Salina nella preistoria e nell'età greca e romana, in appendice alla riproduzione dell'opera, Salina, Die Liparischen Inslen di S.L. d'Austria, vol. II, Lipari, 1986.
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  • con L. Bernabò Brea, La ceramica figurata della Sicilia e della Magna Grecia nella Lipari del IV sec. a.C. Muggiò (Milano) 1997, pp.1-191.
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  • con L. Bernabò Brea, Meligunìs Lipàra vol. X, Scoperti e scavi archeologici nell'area urbana e suburbana di Lipari, Roma 2000, pp.1-486.
  • con L. Bernabò Brea, Il ritratto di Euripide nella coroplastica liparese, in Damarato, Studi di antichità classici offerti a Paola Pelagatti, Milano, 2000, pp.261-264.
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  • con L. Bernabò Brea e F. Villard, Meligunìs Lipàra vol. XI, Gli scavi nella necropoli greca e romana di Lipari nell'area del terreno vescovile, Roma 2001, Parte I, pp.1-453, tavv. I-CLXXXIX; Parte II, pp.454-870, tavv. CXC-CCCXXXVI.
  • con L. Bernabò Brea, Maschere e personaggi del teatro greco nelle terracotte liparesi, Roma 2001, pp.1-316, figg.1-380.
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Maria Clara Martinelli

Note biografiche

Maria Clara Martinelli, nata a Bari nel 1959, si è laureata nel 1983 in Lettere presso l’Università di Bari e specializzata nel 1986 in Archeologia Preistorica presso l’Università di Pisa. In seguito, è stata titolare di una borsa di studio del Ministero degli Esteri in Croazia e Dalmazia presso l’Università di Zadar dove ha sviluppato un progetto di ricerca sulle industrie litiche del Neolitico e scambi di materie prime nel mediterraneo. Questo studio l’ha condotta a Lipari per approfondire lo studio dell’ossidiana.

Ha conseguito nel 2017 il Master universitario di II livello presso l’Università Roma Tre in Mediazione culturale nei Musei: aspetti didattici, sperimentali, valutativi. Ha svolto docenza in varie università italiane in corsi sui beni culturali, archeologia preistorica e museologia. Dal 2014 è abilitata al ruolo di professore associato in Archeologia.

Dal 1990 vive a Lipari dove svolge studi e ricerche nel territorio dell’arcipelago Eoliano. Dopo una intensa attività professionale condotta attraverso collaborazioni e incarichi con le Soprintendenze archeologiche nazionali – Puglia, Calabria, Toscana, Lazio - e della Regione Sicilia per indagini archeologiche e catalogazione di beni culturali, nel 2000 ha vinto il concorso per Dirigente tecnico archeologo della Regione Siciliana. Nel 2005 prese servizio, con contratto a tempo indeterminato con la qualifica di funzionario direttivo, presso la Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali di Messina e dal 2011 presso il Parco Archeologico delle Isole Eolie.

Fin dal 1990 ha svolto costantemente la sua attività scientifica presso il Museo Archeologico Luigi Bernabò Brea di Lipari, collaborando allo studio della archeologia eoliana con i suoi fondatori: Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier. Oggi è curatore delle collezioni del Museo proseguendo gli insegnamenti ricevuti. Si occupa, in particolare, di didattica e comunicazione museale.

Ha partecipato come coordinatore e responsabile scientifico a molteplici campagne di scavo archeologico in siti preistorici in varie regioni italiane, fra cui S. Martin de Corleans ad Aosta, la grotta Paglicci in Puglia, la grotta della Serratura in Campania, grotta san Sebastiano in Calabria, La Consuma ad Arezzo, gli insediamenti di Sesto Fiorentino ed infine a Messina dove ha coordinato le indagini alla Casa dello Studente, via La Farina e Camaro; a Milazzo in piazza XXV aprile e via XX settembre e nella provincia nei siti scoperti durante i lavori del metanodotto negli anni 2006-2008. Ha diretto le indagini archeologiche nelle Isole Eolie negli insediamenti dell’età del Bronzo di Panarea, Salina e Filicudi. Fa parte del gruppo di ricerca sul sito San Vincenzo a Stromboli coordinato dalla prof.ssa Sara T. Levi, Università di Modena e Reggio Emilia.

Ha collaborato a curatele di mostre e cataloghi e ad allestimenti museali. Tra questi ultimi, ha progettato l’allestimento della parte archeologica del Museo Civico di Santa Marina Salina e quello del padiglione delle isole minori del Museo di Lipari.

Collabora con l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria con sede a Firenze del quale è socia e nel 2021 e nel 2024 è stata eletta membro del Consiglio direttivo.

E’ autrice di 140 pubblicazioni che riguardano articoli su riviste specializzate e atti di convegni nel settore archeologico, guide divulgative e libri scientifici. Inoltre dal 1997 al 2004 ha curato la collana “Quaderni del Museo Archeologico Eoliano” e nel 2018 il volume in omaggio a Madeliene Cavalier: Maria Bernabò Brea, Massimo Cultraro, Michel Gras, Maria Clara Martinelli, Claude Pouzaudoux, Umberto Spigo (a cura di), A Madeleine Cavalier, CNRS Collection du Centre Jean Berard, 49, Centre Jean Berard, Napoli, 2018. Nel volume Isole vicine. L’arcipelago delle isole Eolie e le comunità umane nella preistoria mediterranea. Ragusa: Edizioni di Storia e Studi sociali. 2020, propone un quadro riassuntivo e aggiornato sulle conoscenze delle prime comunità umane che hanno abitato le isole Eolie a confronto con l’area mediterranea.

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